Dal suo punto di vista Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, ha ragione. Difende l’azienda monopolistica che dirige, che è suo dovere. Dichiara che è efficiente, mostra profitti (dimenticandosi a volte di ricordare che se lo Stato gli desse meno soldi mostrerebbe perdite, o se gliene desse di più mostrerebbe profitti ancora più mirabolanti). Dichiara che da anni Fs è apertissima alla concorrenza (pur facendo il 90 per cento del fatturato, ma ciò certo per merito del management). Sottolinea tuttavia che bisogna evitare “eccessi di concorrenza” in quanto vuol competere in Europa come un “campione nazionale”, per il bene dell’Italia (ha anche cambiato nome a Fs aggiungendovi una I per richiamare la patria).
Ora minaccia di chiudere i servizi regionali se non gli vengono pagati ai suoi costi. Anche qui ha ragione: se fosse costretto a fare comunque questi servizi, creerebbe un deficit e, non potendo certo fallire, questo deficit sarebbe ancora ripianato dallo Stato, ma l’immagine dell’azienda efficiente ne soffrirebbe . Qualunque bravo monopolista dovrebbe comportarsi così. Non tocca a lui cambiare le cose: tocca ovviamente ai decisori pubblici, statali e regionali.

Vediamo più da vicino il problema e le sue cause. I pendolari che viaggiano in treno sono una piccola minoranza del totale, meno del 10 per cento, ma molto “vocali” (la grande maggioranza, che viaggia in macchina, non viene neppure gratificata dalla stampa con questo nome: non esistono, o sono inquinatori che girano in SUV ecc.). La causa del problema consiste nel fatto che ci sono alti costi per produrre i servizi ferroviari e basse tariffe, cioè si è massimizzato il deficit, che è la differenza tra i due. Moretti dice che non è vero che i suoi costi sono alti. E le Regioni, perfetti coccodrilli, gli credono: infatti non hanno mai voluto mettere in gara i servizi, giusto per verificare se è vero o no. Le Regioni vogliono anche tenere bassissime le tariffe, tanto paga lo Stato, mica i loro contribuenti. Si ricorda che la gara per il servizio ferroviario non ha alcun impatto sociale: la Regione lo affida per un certo numero di anni alle stesse tariffe a chi chiede meno sussidi, pubblico o privato che sia.

Una sola Regione, di centrosinistra, aveva provato a fare una gara seria: il Piemonte. Si erano presentati sei concorrenti agguerriti. Apriti cielo! Furia concorde di Fs, sindacati, ministro (di centrodestra, Matteoli). Cambia la giunta, arriva il centrodestra, e subito abolisce la gara. In Lombardia la giunta di centrodestra fonde addirittura le due società ferroviarie che vi operavano (Trenitalia e FNM), senza alcun risparmio visibile nei costi, per mettersi al sicuro da possibili gare (lo “spezzatino”, che caratterizzava la gara piemontese, è la miglior garanzia di concorrenza). Nessuna altra regione ha fatto gare serie, e adesso piangono e chiedono più soldi ai contribuenti.

Eppure c’è un clamoroso esempio, che non viene certo da un paese iperliberista o remoto: la Germania. Lì le regioni avevano lo stesso problema di deficit eccessivi, e hanno fatto le gare: hanno avuto risparmi medi del 20 per cento, e molte gare sono state vinte dalle stesse ferrovie statali tedesche (DB), che però hanno dovuto abbassare drasticamente i costi per vincerle, con benefici per tutti. Questo per le cause di fondo del problema.

Veniamo ora a quel che è successo da noi più recentemente con il governo Monti. All’inizio c’è stata la promessa di aprire alla competizione da subito le ferrovie locali. Poi, rapida marcia indietro: non da subito, ma alla scadenza dei contratti attuali tra FSI (Trenitalia, a rigore, ma è lo stesso) e le regioni, che durano sei anni. Però i soldi sono pochi, per cui i trasferimenti alle regioni vengono ridotti. Queste minacciano di non pagare più quanto pattuito a Moretti, e Moretti a sua volta giustamente dichiara che allora neanche lui rispetterà il contratto. Lo deve fare, nel suo ruolo.

Ma la soluzione era semplice, e ancora possibile: i soldi pubblici disponibili dovevano essere assegnati in modo incentivante: di più a chi faceva gare serie da subito, di meno a chi non le faceva (le Fs sono dello Stato, quindi non c’è nessun problema a dire a Moretti di interrompere i contratti in essere con le Regioni che volevano fare le gare subito, visto che ciò va nell’interesse pubblico, che non coincide necessariamente con quello dell’impresa Fs). Alle Regioni sarebbe probabilmente toccato comunque di allineare le tariffe con quelle europee, e di sostituire i treni semivuoti (che assorbono la gran parte dei sussidi, e per definizione hanno scarsissima utilità sociale e ambientale), con servizi di autobus.

Tutto ciò si deve e si può ancora fare, ma i segnali sono del tutto diversi: si parla di “reperire i fondi che mancano”, al fine di mantenere la situazione invariata. Si ricorda, per inciso, che il deficit ferroviario delle ferrovie elleniche è una concausa della bancarotta dello Stato greco.

 

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