Paolo Villaggio pensa che il teatro sia «un dormitorio per povere vecchie», un posto dove di giovani non se ne incontrano. Lo ha dichiarato in un’intervista ad Anna Bandettini sul La Repubblica di oggi. Parlando del suo nuovo spettacolo “La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca”, del film di Antonio Albanese in cui interpreta un politico pazzo e di un nuovo libro consacrato a Fantozzi, l’attore genovese ha proposto anche la sua idea di teatro. Che sia una provocazione è fuori di dubbio, direi. Ma ritengo vada accolta come occasione di riflessione, perché in fondo interpreta, come spesso il ragionier Ugo, il punto di vista della gente normale. Un luogo comune nel quale si legge tutto il pregiudizio nei confronti del teatro come spettacolo “noioso”, fuori dai tempi.

Non credo che Villaggio la pensi veramente così. Né che “la linfa delle serate” del suo spettacolo siano “le vecchie, quasi tutte vedove”, che “si sono rese conto di aver vissuto 40-50 anni all’ombra di un uomo”. No, perché andando a teatro, nell’ultimo periodo a Roma, personalmente ho notato una forte inversione di tendenza. Sicuramente una bella scossa l’ha data l’esperienza del Teatro Valle Occupato (che in questi giorni festeggia un anno di vita con un ricco calendario di appuntamenti). Ma non è l’unico palcoscenico dove si incontrino giovani, quello del Valle. Anche i teatri storici della città iniziano ad avere parecchi venti-trentenni mischiati nella platea al pubblico degli abbonati. Merito sicuramente delle numerose campagne promozionali messe in atto dai principali Stabili, che da qualche anno sperimentano formule di card regalo, pacchetti di biglietti low-cost e altri escamotage simili. Perché parliamoci chiaramente, se la gente non va a teatro è perché costa troppo. Credo però che a coinvolgere i più giovani sia la capacità dei teatri di “svecchiarsi”, usando i nuovi mezzi di comunicazione, primo tra tutti Facebook, per creare una comunità di spettatori. Ed ecco allora le varie promozioni per gli amici e gli affiliati, i gruppi di discussione, le dirette in streaming, eccetera.

E poi c’è il pubblico dei teatri indipendenti o delle numerose rassegne organizzate in circoli culturali, centri sociali, spazi autogestiti. Qui di “povere vecchie” ne ho incontrate poche, a dire il vero. Dalle “Parabole tra i sampietrini” al Forte Fanfulla alla vera e propria stagione della Riunione di condominio, passando per il più che consolidato cartellone del Teatro Argot, il panorama è molteplice e ricco di stimoli. Da questa programmazione alternativa emerge soprattutto la vitalità della drammaturgia italiana e la ricchezza del lavoro di tante compagnie e realtà di produzione culturale. Sì perché da qui passano grandi nomi e personaggi emergenti, testi originali e regie sperimentali, in un grande laboratorio di creatività , che ridefinisce, a mio avviso, il senso del fare teatro, per esempio proponendo nuove possibilità di leggere il repertorio.

È quello che accadrà anche con  l’ “Atelier dei 200” al Teatro India il 23 e il 24 giugno, che nasce con l’idea che “quando si condivide il palcoscenico succede per forza qualcosa”. Duecento tra giovani, adulti, studenti, cittadini sono stati selezionati attraverso i canali web del teatro per partecipare ad un laboratorio di esplorazione teatrale. Io sarò tra i critici incaricati di raccontare questa esperienza, via facebook e twitter.

Negli stessi giorni parte anche il Roma Fringe Festival, che dal 23 giugno al 15 luglio animerà il parco di Villa Mercede con cinquanta spettacoli di Teatro Off. Un’occasione irripetibile per chi, come recita lo slogan pubblicitario scelto dagli organizzatori, è stanco “del solito teatrino”. Magari anche quelle “povere vecchie” di Villaggio.

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