Lo Stato chiede di annullare il processo Diaz. Di fatto, chiede di cancellare ogni responsabilità con un colpo di spugna. Perché la sanguinosa irruzione nella scuola di via Battisti a Genova, al termine del G8, avvenne la notte del 21 luglio 2001. Undici anni fa. E l’azzeramento della sentenza d’appello, richiesta dall‘avvocato dello Stato Domenico Salvemini davanti alla quinta sezione penale della Corte di cassazione che il 15 giugno di pronuncerà sul caso, porterebbe inevitabilmente alla prescrizione di tutti i reati per i quali sono stati condannati in secondo grado 25 tra agenti, funzionari e alti dirigenti di polizia. La posizione di questi ultimi è la più delicata per il governo. Perché in caso di condanna nessuno andrà in carcere, grazie all’indulto, ma scatterebbe l’interdizione dai pubblici uffici. Così, solo per citare i casi più eclatanti, Franco Gratteri dovrebbe lasciare il vertice della Direzione centrale anticrimine, Gilberto Caldarozzi la direzione dello Sco, Giovanni Luperi la direzione del settore analisi dell’Aisi, il servizo segreto civile. Posti da coprire presto in una delicata partita di nomine. 

L’avvocato dello Stato ha ammesso apertamente che gli uomini in divisa si abbandonarono a gravi violenze. “In quella tragica notte -ha affermato – l’operato della polizia fu grave. Inaccettabile che dei ragazzi vennero feriti”. Salvemini ha dato per accertate le “lesioni” inferte agli occupanti della scuola e anche il fatto che le molotov diventate la prova regina ai danni dei 93 arrestati “venivano dall’esterno”. Di conseguenza, quella notte qualcuno “ha picchiato” commettendo “gravi reati. Ma – e qui sta il nocciolo della richiesta dell’avvocatura dello Stato – non sono stati gli imputati i responsabili dei fatti”. 

La richiesta di Salvemini si basa sul fatto che effettivamente nessuno dei 25 imputati è accusato di avere materialmente picchiato qualcuno. I reati contestati sono il falso in atto pubblico, per la firma e l’avvallo di verbali di perquisizione e di arresto zeppi di elementi non veri, e le lesioni (ormai prescritte) contestate ai capisquadra del VII Nucleo, il corpo d’élite del Reparto mobile di Roma. Sulla base del fatto che ciascuna squadra agiva compatta e di conseguenza i capisquadra videro di certo i pestaggi indiscriminati, ma non ordinarono ai loro uomini di fermarsi. Su questo si innesta la questione della responsabilità dei pezzi grossi del Viminale presenti nel cortile della scuola quella notte: l’allora capo dello Sco Gratteri, il suo vice Caldarozzi, il vicedirettore dell’Ucigos Luperi, in compagnia del suo diretto superiore Arnaldo La Barbera (tutti poi promossi a incarichi superiori tranne La Barbera, morto nel 2002). Erano i dirigenti più alti in grado sul posto, ma allo stesso tempo non avevano il comando formale degli operatori intervenuti, un miscuglio di “celerini”, Digos, Squadre mobili… 

Torna, nelle parole di Salvemini, l’eterna frattura del processo Diaz, che in sostanza è un processo dello Stato contro lo Stato. E il motivo principale per cui nessun responsabile diretto dei pestaggi è stato individuato è che, in questi undici anni, nessuno dei poliziotti presenti al blitz – le stime variano da 292 a 495, ma non esiste un numero certo – ha mai fornito il minimo elemento utile a identificare i singoli picchiatori. La stragrande maggioranza degli imputati si è avvalsa della facoltà di non rispondere di fronte ai giudici, compresi Gratteri, Luperi e Caldarozzi. Una scelta legittima per un imputato, e allo stesso tempo discutibile per un alto dirigenti della Polizia e dello Stato. 

Nell’udienza di oggi di sono intervenuti i legali di parte civile. ”A distanza di tanti anni dal pestaggio della Diaz, mai nessuna delle 93 persone arrestate e ferite ha ricevuto una lettera di scuse dal ministero dell’Interno per l’operato della Polizia, e nemmeno una iniziativa in tal senso presa da qualcuno degli imputati”, ha detto l’avvocato Francesco Romeo, difensore di alcune delle vittime. “Purtroppo abbiamo dovuto assistere anche alla scelta dello Stato di non stare dalla parte dei cittadini, delle persone ingiustamente seviziate, data la scelta dell’Avvocatura dello Stato che contesta le condanne”.

Sul fronte della difesa, il legale di Gilberto Caldarozzi, uno dei firmatari dei verbali, ha chiesto invece che, in caso di condanna, siano riconosciute le attenuanti a  “un funzionario che ha arrestato boss come Provenzano e Madonia”. L’avvocato Gilberto Lozzi ha ricordato ai giudici che “il recente arresto del killer attentatore di Brindisi è merito anche del lavoro di Caldarozzi”.

La sentenza è prevista domani. 

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