Non è di certo il trionfo dell’era del Blairismo. Ma alcuni sondaggi pubblicati recentemente danno, nel Regno Unito, un risultato record per il Labour, almeno da quando Ed Miliband ne è il leader. Il partito della rosa – nome che deriva dal suo principale simbolo – e quindi il partito della sinistra maggioritaria in Gran Bretagna si attesta, nelle intenzioni di voto, quasi al 43 per cento. I conservatori al governo, invece, calano al 34 per cento, mentre quei liberaldemocratici che stanno nella coalizione con il primo ministro David Cameron crollano addirittura al 10 per cento. L’uscita dei sondaggi è coincisa con la riapertura del parlamento dopo le vacanze per le celebrazioni del giubileo della regina. E un’ombra, ora, aleggia sulla tenuta della attuale House of Commons. Se si votasse oggi, il Labour avrebbe un vantaggio sui conservatori di almeno 80 parlamentari. I liberaldemocratici, invece, sarebbero particolarmente in affano, passando da 57 ad appena dieci parlamentari.

Il sondaggio, effettuato per alcuni quotidiani britannici, è stato portato avanti dagli istituti di ricerca ComRes, ICM, YouGov e Populus. E, secondo gli analisti, mostra soprattutto due cose: una disaffezione dell’elettorato alle politiche economiche del governo Cameron e una maggiore credibilità, sempre sul piano delle proposte economiche, del Labour e di Miliband. E, soprattutto, ha commentato John Curtice, docente di Politica alla Strathclyde University, «questo risultato mostra che le prossime settimane saranno cruciali per un eventuale ritorno al potere del Labour nel 2015». Ma, da qui alle elezioni generali, le questioni in ballo sono tante altre. Come il riuscire a frenare il partito campione dell’euroscetticismo, l’Ukip (Uk independence party), in costante ascesa, pur erodendo allo stesso tempo consenso ai Tories, che inseguono proprio gli indipendentisti.

In molti, infatti, vedono nel successo dell’Ukip la chiave dell’insuccesso dei conservatori. L’elettorato “tradito” dalle aperture del passato di Cameron circa matrimoni gay, immigrazione ed europeismo – pur sempre “soft”, alla maniera britannica – si sarebbe infatti riversato nell’United Kingdom independence party. Fondato nel 1993, il partito “per l’indipendenza del Regno Unito” ha come obiettivo l’uscita del paese dall’Unione Europea. E, per fare questo, l’Ukip ha persino tredici europarlamentari, che fanno parte del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia. Pur non avendo rappresentanti alla House of Commons, la camera bassa, l’Ukip ha due lord alla House of Lords, la camera alta del parlamento. Ed è proprio attorno ai temi cari a questo partito che si giocherà il futuro del Labour, dicono in molti a Londra.

L’Ukip, infatti, ha idee ben chiare: no all’immigrazione “selvaggia” e sì al lavoro britannico ai britannici. No assoluto ai matrimoni gay, cavallo di battaglia invece di Cameron, e no anche ad alcune proposte di legge “europeiste” come quella che vorrebbe finalmente portare nel Regno Unito la carta di identità (gli inglesi non ne hanno mai avuta una). Così, si teme ora a Londra, il rischio è che Tories e liberaldemocratici virino sempre più a destra per recuperare quel consenso “fuggito” verso l’Ukip. Mentre il Labour si ritroverà, praticamente da solo, a portare avanti le sue battaglie e anche quelle lasciate sul campo da Cameron, in quanto giudicate troppo “di sinistra”. Un vantaggio o uno svantaggio per Ed Miliband? Sempre il professor Curtice ha commentato: «L’elettorato, ora, ha molti dubbi circa le qualità dei conservatori e dei liberaldemocratici al governo. Ed è pronto a considerare le novità e la forza che il Labour potrebbe mettere sul piatto».

C’è un altro dato, infatti, che fa riflettere commentatori e analisti. Il 75 per cento dei “convertiti” – e cioè coloro che per la prima volta dichiarano di supportare il Labour – arriva dai liberaldemocratici, il partito che più ha sofferto, anche alle recenti elezioni amministrative, per la virata a destra. Il 18 per cento, invece, arriva dai conservatori e il restante dagli altri partiti minori. Così, sempre secondo Curtice, ora la lotta deve essere combattuta proprio sul terreno della delusione di chi sta “alla sinistra” della destra: in un contesto politico in cui il governo pare voler inseguire la destra estrema che cresce, è forse giunto il momento per il Labour di andare più a sinistra.

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