Questa è una storia che alcuni conoscono e altri no, alcuni ricordano e altri no, e invece sarebbe meglio se la ricordassimo tutti.

È la storia di una famiglia: di una madre, Silvia, di un padre, Lorenzo, e di due bambini, Francesco (5 anni), e Alessandra (10 anni).

È l’11 giugno del 1997. Silvia e Francesco stanno tornando a casa dalla scuola materna. Sono all’Arenella, nel quartiere Vomero.

Alessandra li guarda dal balcone: saluta sua madre, saluta suo fratello.

Proprio lì, a pochi metri, è in corso una faida. I sicari del boss Giovanni Alfano affrontano un commando di una cosca rivale. Si inseguono.

Una pallottola vagante finisce su Silvia. Muore.

L’11 febbraio del 2001 verranno condannati all’ergastolo Giovanni Alfano, Vincenzo Cacace, Mario Cerbone, Raffaele Rescigno e Rosario Privato.

Quest’ultimo si pentirà. In un’intervista  a la Repubblica a Elio Scribani dichiarerà: «La camorra è come il miele. Ma chi ci è passato lo sa, è una strada che non porta a nulla: o moriranno o andranno in galera e non usciranno più».

Sono passati 15 anni.

Nel 2011 la famiglia ha aperto la fondazione Silvia Ruotolo.

Oggi per ricordare è in corso a Napoli la manifestazione «Tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce». (qui il programma)

«Siamo ora nei giardini Silvia Ruotolo, è una giornata bellissima» ci dice la figlia Alessandra Clemente, raggiunta al telefono. «Molti napoletani si stanno fermando incuriositi, stanno vivendo questa giornata con emozione. Tutti stanno capendo che fare memoria non è retorica. È l’unica strada».

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