Ben prima delle primarie nazionali, Pierluigi Bersani rischia di perdere un altro congresso di peso, quello del partito di Napoli, dove nell’ultima settimana è spuntato un “rottamatore” insidioso, pronto a sfidare il candidato unitario scelto dalla segreteria nazionale. Andrea Orlando, front runner dei giovani turchi e responsabile nazionale Giustizia, incaricato da Bersani di commissariare il partito partenopeo per porre un freno al caos seguito alle primarie dello scorso anno, sperava ti tornare a Roma da vincitore,  raggruppando il partito intorno alla candidatura di Gino Cimmino, responsabile organizzazione del Pd provinciale, in pratica il numero due del partito napoletano.

Invece, a rompere le uova nel paniere bersaniano, ci ha pensato il consigliere provinciale Livio Falcone, 28 anni, laureato con il massimo dei voti in Economia alla Federico II, cresciuto (e candidato) nella municipalità di Pianura, di cui è stato vicepresidente e assessore al Bilancio. Fino ad oggi Falcone ha ricoperto il ruolo di responsabile dell’assemblea organizzativa del partito, l’organo che ha chiesto con maggiore insistenza la conta interna. Falcone ama definirsi come un “seguace” di Napolitano, ed è considerato molto vicino all’ex ministro Gino Nicolais, attuale presidente del Cnr.

Per i toni usati in questo primo scorcio di campagna elettorale, è inevitabile il paragone con il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, non solo per il ciuffo bruno che li accomuna. A parte il dato anagrafico, entrambi hanno osato sfidare i candidati della segreteria ed entrambi sono molto critici con il vecchio establishment democratico. Il rischio insomma, per i quadri di Sant’Andrea delle Fratte, è che nel pantheon dei giovani ribelli possa nascere una nuova stella. Falcone il paragone con Renzi lo accetta, ma con delle puntualizzazioni. “Purché il rinnovamento non sia solo anagrafico. C’è bisogno di proposte credibili, oltre che di persone credibili”.

A Napoli il Pd ha perso tutte le ultime elezioni – spiega al ilfdattoquotidiano.it ora è il momento di cambiare, perché i cittadini non ci ritengono all’altezza del nostro compito”. E i numeri gli danno ragione: le ultime amministrative hanno fotografato un crollo di consensi per i democratici in Campania, con una media di voti di poco superiore al 15 per cento. “La mia candidatura è riuscita quantomeno  a rompere le liturgie, gli schemi delle ‘segrete stanze’. Non sarà un congresso di finto unanimismo per dividersi quel poco di torta che è rimasto ma proveremo ad attuare un cambiamento vero, con la partecipazione di una nuova classe dirigente che non è cresciuta nei palazzi della politica ma nei quartieri della città”.

Il congresso si svolgerà il 14 e 15 luglio e, dopo la discesa in campo di Falcone, anche altri candidati potrebbero decidere di presentarsi, mandando in fumo i progetti di Orlando e Bersani. Il giovane consigliere provinciale però non ci sta a passare per guastafeste. “Il Pd deve essere una casa inclusiva. Io sono tranquillo, non ho mai avuto incarichi di partito e mi sono sempre messo in discussione nelle istituzioni, conquistando i voti nel quartiere. Oggi posso presentarmi senza padri né padrini, sostenuto da giovani della società civile e segretari di circolo che chiedono un cambiamento radicale. Perché a Napoli il Pd o cambia o muore”.

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