Hanno fondato un marchio, EmiliAmo, per reagire alla devastazione provocata dal sisma e in poche ore hanno raccolto centinaia di adesioni sui social network più popolari del web. Sono le cento donne, madri, mogli, imprenditrici, commercianti, che dal cuore della bassa si sono rimboccate le maniche per riprendersi ciò che gli eventi sismici delle scorse settimane hanno tolto loro, la città, e le loro attività. Chiuse e con i magazzini pieni di prodotti da vendere. Così, per contribuire a una ripresa economica che tutti auspicano, e che faticosamente si sta lavorando per ripristinare, si sono riunite e hanno dato il via a un network che raccoglierà beni per i terremotati, li metterà sul mercato e li venderà al pubblico per limitare i danni subiti dalle imprese, grandi e piccole che siano. “Non vorremmo sembrare delle sentimentali disorganizzate – ha raccontato Claudia Miglia, coordinatrice del progetto e consulente aziendale, annunciando l’iniziativa sulle pagine del Sole 24Ore – in realtà siamo delle pragmatiche organizzate. La scelta del nome, da Emilia e dal verbo amare, risponde a una precisa scelta di branding: abbiamo creato un marchio che garantisca una sorta di certificazione di qualità”.

Qualità dei prodotti, della provenienza, del prezzo. Perché quando si verifica un evento naturale di simile portata, “una catastrofe nazionale” come l’ha definita il commissario europeo alla politica regionale Johannes Hahn, c’è il rischio che qualcuno si approfitti della situazione per “lucrare sulla tragedia”, raccontava qualche giorno fa un cittadino di San Carlo, Comune del ferrarese parzialmente evacuato a causa delle conseguenze del terremoto, che ha sollevato le strade, squartato le case e messo a rischio la sicurezza della popolazione. “C’è chi ha aperto la propria attività, chi non ha subito danni a causa del sisma, aumentando il prezzo dei prodotti in maniera spropositata – spiega una residente ferma a guardare i resti del centro cittadino – è capitato che un forno, ad esempio, vendesse il pane a 6 euro al chilo”.

E anche per evitare che fenomeni simili si ripetano, le 100 protagoniste di EmiliAmo hanno deciso di riunirsi sotto un unico nome, sinonimo di garanzia. Che marchierà la vendita dei prodotti provenienti dalle attività commerciale chiuse a causa del terremoto e che servirà a dare l’esempio, a tutto il paese, di un popolo che vuole rialzarsi. “Perché la ricostruzione avvenga con il recupero dei centri storici”, una priorità per tutte le città oggi fantasma della bassa emiliana, “simboli di speranza e di ripresa, testimonianze della storia e veicoli di sviluppo” spiega Massimiliano Righini, assessore alla Cultura di Finale Emilia. Che in poche ore ha perso la torre dell’orologio, la Rocca Estense, tutte le sue chiese e gli edifici limitrofi situati nel cuore pulsante della città.

“Stare insieme ci fa bene – ha aggiunto la Miglia – ma soprattutto ci permette di reagire con forza a qualunque ipotesi di sciacallaggio. Con il marchio EmiliAmo vogliamo vendere i prodotti delle nostre aziende. Vestiti, scarpe, profumi, borse, prodotti agroalimentari. In questa maniera, ci sottraiamo a qualunque speculazione che, dall’esterno, qualcuno volesse provare a fare: i prezzi saranno giusti, nessuno potrà venire qui a imporre quotazioni ridicole”.

Il canale di vendita privilegiato, per acquistare i prodotti marchio EmiliAmo, sarà ovviamente la rete. Prossima, infatti, è l’apertura del sito internet www.emiliamo.it, mentre la pagina Facebook dell’iniziativa è già in piena attività, non solo relativamente al nuovo brand, ma a disposizione di chi volesse chiedere o inviare aiuti alle popolazioni terremotate. Un business online etico che segue la linea adottata da altre città emiliane, a partire da Concordia, che ha annunciato la costruzione di un outlet fatto di container che fungerà da mercato per la popolazione, e da spazio espositivo per coloro che hanno perso la propria attività, o sono costretti a rimanere chiusi a causa dello sciame sismico degli scorsi, che ha notevolmente rallentato i sopralluoghi per l’agibilità.

“Un altro obiettivo di EmiliAmo – ha aggiunto infatti Susanna Benatti, titolare di tre profumerie e pelletterie situate nel cuore epicentrico del sisma, a Mirandola, Cavezzo e San Felice – è trovare tutte insieme dei luoghi dove ricominciare a fare business. Ora abbiamo bisogno di piccoli centri commerciali e capannoni dove riorganizzare la merce e dove tornare a incontrare i nostri clienti e le nostre clienti. Naturalmente, si tratta di un obiettivo temporaneo. Per noi è fondamentale tornare nei centri storici”.

Una richiesta che nei comuni terremotati si sta già lavorando per accogliere. Anche a Mirandola, dove il 90% dei negozi ha la saracinesca abbassata il sindaco, Maino Benatti, in collaborazione Confesercenti, ha approvato un piano per collocare in piazza Costituente e nella primissima periferia alcuni container che ospiteranno, temporaneamente, tutti i negozi del centro che sono chiusi.

“L’obiettivo della vendita online dei prodotti e della moral suasion a favore del rientro nei centri storici è fondamentale – spiega Silvia Ferrari, proprietaria di due negozi di erboristeria – ma è altrettanto importante per noi, in questa fase, stare insieme, muoverci, fare delle cose, sentirci unite. Noi emiliane siamo così”.

“Qui tutti sono pronti a lavorare, ce lo dice la gente fermandoci per strada e lo ripetiamo noi al governo, perché qui nessuno sta con le mani in mano – ha aggiunto Righini –  La situazione è tragica e noi dobbiamo rispondere come possiamo, sarà difficoltoso ce la metteremo tutta”.

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