L’altra faccia della crisi. Superata la fase catastrofista, il cinema ambientale racconta scelte forti, passioni ed entusiasmo, c’è voglia di uscire dalla gabbia del pensiero dominante. Crisi economica, emergenza ambientale, cementificazione, sono temi caldi che possono finalmente trovare una visibilità sul piccolo e grande schermo, basta osare. Torino Cinemambiente, uno dei festival green più famosi al mondo, ha proposto fino a martedì scorso oltre 100 pellicole tra documentari e cortometraggi, provenienti da tutto il mondo. Non solo divulgazione e denuncia sociale, ci si diverte anche con convinzione, fantasia, creatività.

Just do it è un esempio tra i tanti: Emily James da dietro le quinte ha filmato per un anno l’attivismo ambientale senza compromessi, quello che opera alla Greenpeace con azioni contro lo strapotere delle banche e l’ingiustizia sociale. Il regista ha filmato le azioni di Climate Camp e Planet Stupid, due gruppi inglesi, ormai esportati anche in altri paesi, che fanno del proprio corpo un’arma di resistenza passiva: ha seguito gli incontri preparatori a ogni azione, la costruzione dei locks, i sistemi di catene che usano per legarsi, ha documentato la loro disponibilità a essere arrestati, li ha ripresi incatenati nella Royal Bank of Scotland e sul tetto delle pompe di benzina BP.

C’è chi punta sull’action movie eclatante: e c’è invece chi lavora di lima e di conto. Couchorama di Jacqueline Farmer racconta in modo divertente, intelligente e scanzonato la scomparsa dei pannolini da lavare. Le madri si sono liberate e i paesi occidentali sono stati invasi da miliardi di pannolini usa e getta. Tutti da smaltire: non si decompongono da soli e ogni pezzo è fatto così bene che impiega 300 anni a scomparire. Ogni bambino usa in media i pannolini fino ai tre anni, sono sei al giorno, 2000 circa all’anno, 6000 per tre. Cifre da capogiro: due miliardi e mezzo all’anno in Francia, 850.000 tonnellate, sufficienti a riempire otto volte lo stadio di Wembley, in Gran Bretagna.
Che fare? Jacqueline Farmer racconta come ci si comporta in giro per il mondo su questo tema e presenta alcune soluzioni assai in voga: si va da un sistema di ritiro e lavaggio dei pannolini sporchi a carico del comune (accade in Inghilterra), a chi, come alcuni pedagogisti, inneggia alla liberazione dei bambini dal pannolino come forma d’emancipazione. Tra le scelte più avanzate c’è sfruttamento del biogas prodotto dalle feci per generare energia, lo fa l’azienda statale francese Veolia, che in fondo gioca in casa perché si occupa di tutte e due, d’energia e rifiuti. La ricetta è collegare i neuroni, farli lavorare in libertà e trovare nuove frontiere d’equilibrio.

Dal glocal a un local che ci riguarda molto da vicino. Quaranta Passi, la verde Brianza e la città infinita di Andrea Boretti è un film che mostra quanto il cemento stia soffocando il profondo Nord e fa venire voglia di mettere la parola fine a questo scempio. L’area di Monza è oggi la più urbanizzata d’Italia dopo quella di Napoli: quaranta passi sono quelli che separano il comune di Seregno da quello di Meda, chi abita qui è soggetto alla sindrome da mancanza d’orizzonte, il contrario della più famosa sindrome di Stendhal. Aveva già previsto tutto l’ingegner Carlo Emilio Gadda, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento; se non l’avete ancora letto, è il momento di farlo.

Il Fatto Quotidiano, 10 Giugno 2012

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