Angelo Marcello Cardani è il nuovo Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni o, almeno, lo sarà non appena le competenti Commissioni di Camera e Senato avranno ratificato la designazione del Presidente del Consiglio Mario Monti su proposta del ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera.

Nessuna sorpresa, nessuna scoperta e nessuna novità.

La nomina di Angelo Marcello Cardani, professore bocconiano, amico del premier e suo braccio destro già nell’esperienza a Bruxelles è, ormai da settimane, presidente in pectore dell’Authority che fu di Corrado Calabrò.

Personalità degnissima, attento e stimato studioso delle cose dell’economia e della concorrenza, probabilmente – ma il curriculum pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e le informazioni disponibili online non suggeriscono nulla al riguardo – competente anche negli specifici settori dei quali dovrà occuparsi da neo presidente dell’AgCom.

Nessuna ragione, nel merito, insomma, per contestare la scelta del premier o, almeno, nessuna ragione apparente.

Il punto, tuttavia, è un altro, anzi sempre lo stesso ovvero quello che ha, giustamente, infuocato il dibattito sulle recenti nomine dei membri dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che Cardani si troverà a presiedere: il metodo.

Anche nel caso di Cardani, infatti – proprio come avvenuto nel caso dei membri dell’AgCom nominati nelle segreterie di partito prima che il Parlamento fosse chiamato a votare – la sua designazione è avvenuta prima che la Presidenza del Consiglio dei Ministri avviasse qualsivoglia procedimento per la valutazione comparativa dei curricula delle personalità – è auspicabile che nel Paese ve ne siano altre – astrattamente idonee a ricoprire la medesima carica.

E’ storia e non un’opinione polemica.

Il 2 ed il 25 maggio, infatti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva messo nero su bianco, in risposta a due distinte istanze di accesso della Open Media Coalition ai curricula dei candidati a divenire Presidenti dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, che il relativo procedimento comparativo non era ancora stato avviato e che presso i propri uffici non vi era pertanto nessun curricula.

Il nome di Angelo Marcello Cardani quale presidente, pressoché certo, dell’AgCom, tuttavia, era già online da tempo.

Ieri, il Presidente del Consiglio, ha confermato l’indicazione senza, ancora una volta, spendere neppure una parola sul procedimento – che è difficile credere sia mai stato avviato – che ha portato alla designazione del suo collega Cardani.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha preso in esame altri curricula per la posizione di Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che, certamente, dimostrerà di avere grandi pregi ed eccellenze ma, allo stato – a giudicare dal processo di selezione dei suoi membri e dai risultati cui esso ha condotto – sembra affetta da un gap di indipendenza, almeno dalla politica, difficilmente negabile?

Quali sono gli altri curricula esaminati?

Perché è stato scelto Cardani oltre che per la circostanza, a tutti nota – e comprensibile – che il premier se ne fida, avendoci già lavorato in passato?

Possibile che una scelta tanto delicata possa essere assunta senza dar conto delle motivazioni e della valutazioni comparative che l’hanno determinata?

Possibile che anche la designazione del Presidente di un’Autorità amministrativa indipendente debba avvenire esattamente – o forse in modo ancor più segreto e meno trasparente – di come avviene quella dell’amministratore delegato di una società privata?

Perché la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla società civile che, a più riprese, le ha chiesto di accedere ai curricula dei candidati alla carica di presidente dell’AgCom, ha risposto, per ben due volte, che era troppo presto anziché dire che sarebbe stato inutile continuare a bussare a quella porta perché, alla nomina, si sarebbe proceduto sulla base delle sole intime convinzioni del Premier?

E’ legittimo sentirsi, almeno un po’, presi in giro dalle Istituzioni alle quali è affidata la guida del Paese e che, in nome di questo ruolo, da mesi ci chiedono sacrifici senza pari?

Possibile, soprattutto, che il premier – neppure dopo la bufera sollevata dalla vergognosa spartizione partitica delle poltrone dei membri delle Authorities – abbia avvertito l’esigenza di adottare una procedura più trasparente?

E’ tutto davvero difficile da accettare e da considerare costituzionalmente sostenibile.

Ci sono voluti mesi – e non è ancora finita – per nominare formalmente alla guida dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un Consiglio la cui composizione è nota da settimane.

Procedure di raccolta dei curricula farsesche, termini, primarie, voti solenni in aula, risposte formali alle istanze di accesso dei cittadini, conferenze stampa e decreti di nomina.

Tutto inutile.

In scena, alla fine, è andato il copione di sempre, quello già scritto da tempo.

La parola però, ora, passa a Napolitano che potrebbe non firmare il decreto di nomina dei membri dell’Authority e poi ai giudici che potrebbero – e forse dovrebbero – ritenere viziati i processi di nomina e ricordare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati che il fatto che la legge riconosca loro il potere di procedere alle nomine, non significa che li sollevi dall’obbligo di procedervi secondo un procedimento amministrativo che consenta di pervenire al miglior risultato possibile nell’interesse del Paese e non già semplicemente, dei propri egoistici calcoli, interessi e convinzioni.

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