“La Spagna non ha ancora chiesto alcun aiuto e la Germania non farà alcuna pressione sugli Stati perché accettino un sostegno”. Angela Merkel getta acqua sul fuoco ma questa volta l’incendio sembra davvero difficile da domare. Secondo la Reuters, che cita due diverse fonti Ue e una fonte tedesca, Madrid sarebbe infatti pronta a chiedere formalmente un aiuto esterno all’Europa per garantire la sopravvivenza del proprio sistema bancario e della sua stessa economia nazionale. L’ufficialità, sostiene ancora la Reuters, potrebbe arrivare già domani pomeriggio, accompagnata da una nota ufficiale dell’Eurogruppo.

Il governo Rajoy smentisce e il mistero resta. Ma una cosa, a questo punto, sembra ormai evidente: al di là delle tempistiche, Madrid sembra ormai avviata sulla strada della resa. La Spagna, in altri termini, non sembra avere più alcuna possibilità di risolvere la crisi con le sue sole risorse interne. A rendere inevitabile l’intervento, si ritiene da più parti, è l’ormai conclamato rischio di una forte ondata di vendite a seguito della decisione di Fitch di procedere al declassamento del rating sovrano del Paese a quota BBB. La retrocessione della Spagna dovrebbe infatti indurre molti fondi di investimento a disfarsi delle stesse obbligazioni sovrane dal momento che, di regola, diversi portafogli a basso rischio non possono comprendere titoli che non siano per lo meno di “serie A”. La paura, insomma, è che la corsa alla vendita abbia effetti eccessivamente destabilizzanti sullo stesso sistema bancario, zeppo a sua volta di titoli statali e in crescente crisi di liquidità.

L’ultimo disperato tentativo di salvataggio “interno” è stato vanificato la scorsa settimana dal rifiuto della Bce di partecipare indirettamente al programma di ricapitalizzazione di Bankia. I piani del governo Rajoy prevedevano la realizzazione di un sostanziale swap in due tempi basato su un doppio scambio: Madrid avrebbe ricapitalizzato Bankia con una iniezione da 19 miliardi di euro sottoforma di titoli sovrani prendendosi in cambio una quota equivalente di azioni. Dopo la nazionalizzazione de facto, Bankia avrebbe quindi chiesto un prestito alla Bce offrendo i titoli di Madrid a garanzia. Una strategia che avrebbe implicato un coinvolgimento sostanziale di Francoforte e che per questo sarebbe stata bloccata proprio dal veto tedesco.

Il fallimento del piano ha costituito durissimo colpo per l’esecutivo di Mariano Rajoy, il leader chiamato a trainare il Paese fuori dalla recessione e oggi prossimo ad arrendersi all’evidenza di una crisi dimostratasi peggiore del previsto. Il piano d’austerity promosso dal governo non ha funzionato evidenziando tutti i limiti di una strategia risultata per altro fallimentare nell’intera Europa. La recessione, segnalano le ultime stime della Commissione europea, è confermata anche per il prossimo anno quando il Pil dovrebbe contrarsi dello 0,3% (-1,8% la previsione per l’anno in corso). La disoccupazione supera il 23% (peggio che in Grecia), quella giovanile interessa ormai uno spagnolo su due.

Ci si chiede, a questo punto, a quanto ammonterà il costo totale del salvataggio esterno. Il Fondo monetario internazionale stima in 40 miliardi l’ammontare totale delle risorse immediatamente necessarie agli istituti di credito spagnoli ma la cifra appare molto riduttiva allargando l’orizzonte all’intero sistema. Oggi, il Daily Telegraph cita altre stime che prendono in considerazione le necessità complessive del Paese. Per restituire un minimo di stabilità al sistema economico spagnolo (non solo alle banche, dunque), servirebbero da 250 (stima di Rge, la società di ricerca del guru della crisi Nouriel Roubini) a 450 miliardi (la previsione più pessimista di JP Morgan). Tradotto: 9/10 dell’intera liquidità ex novo del fondo salva Stati Ue verrebbero impegnati soltanto a sostegno di Madrid.

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