C’era anche l’ex amministratore delegato di Telecom Italia Carlo Buora tra coloro i quali nel 2004 commissionarono lo spionaggio ai danni del vicedirettore del Corriere della Sera, Massimo Mucchetti. Lo ha affermato l’ex capo della security di Telecom, Giuliano Tavaroli, sentito nell’aula bunker di San Vittore come testimone-imputato di procedimento connesso nel processo sui dossier illegali di Telecom. Tavaroli ha invece citato l’allora presidente di Telecom Marco Tronchetti Provera come “committente” del dossier sul fondo “Oak“, che c0involse il partito dei Ds, escludendo comunque che fosse intenzione del top manager ottenere informazioni riservate su quel partito (leggi il blog di Peter Gomez sul ruolo di Tronchetti Provera nella vicenda).

“Un venerdì sera sono stato convocato in via Negri (negli uffici della presidenza di Telecom, ndr), dove mi fecero vedere un articolo del Mondo che ipotizzava la cessione del gruppo Pirelli Cavi“, ha raccontato Tavaroli a proposito del caso Corriere. “Questo anticipava decisioni che erano in corso, estremamente riservate, di cui i manager potevano essere chiamati a rispondere alla Consob. Mi chiesero di analizzare eventuali rapporti e fughe di notizie che potessero essere andati verso la stampa. Nei giorni successivi”, ha proseguito,  “venne fatta una riunione in cui si ragionò del Corriere e delle fughe di notizie. Venne chiesto di iniziare a capire le attività che ruotavano intorno ai giornalisti”. Dalle indagini è emerso che, al di là delle “fughe di notizie”, Mucchetti era un giornalista sgradito al gruppo Telecom. 

L’unico nome che l’ex ufficiale dei carabinieri ha fatto in proposito è quello dell’allora amministratore delegato: “Anche Carlo Buora mostrò grande determinazione nel dire: ‘voi della sicurezza dovete capire da dove escono queste informazioni e come vengono trasferite all’esterno, trovate il sistema di capire chi, come e quando'”.

Vennero dunque commissionati due dossier all’investigatore Marco Bernardini, chiamati “Mucca pazza” e “Clarabella”. Tavaroli ha però affermato che né lui né il management conoscevano la modalità con cui vennero commissionati. La successiva indagine aziendale portò all’incursione informatica nel computer del vicedirettore del Corriere. “L’incursione nei computer di Rcs”, ha affermato Tavaroli, fu “una stupidaggine sesquipedale di cui mi prendo la responsabilità. Nessuno ha detto mai a Ghioni (Fabio Ghioni, colaboratore di tavaroli nel “Tiger Team” di Telecom, ndr) di entrare nei computer di Rcs. Purtroppo è successo, ma i dati che vennero prelevati non furono mai divulgati a nessuno”.

Tavaroli ha affrontato anche il tema del dossieraggio sul fondo “Oak” (“quercia” in inglese), affidato all’investigatore Emanuele Cipriani, che coinvolse il partito dei Ds. E in questo caso ha tirato in ballo anche l’allora presidente Marco Tronchetti Provera. “Il dossier fu chiesto da Buora e Tronchetti – ha spiegato – perché esistevano rumors e sospetti che dietro il fondo ci fossero manager di Telecom e Pirelli. L’operazione andò avanti a lungo e solo all’ultima pagina dell’ultimo rapporto mi resi conto che riguardava un partito italiano”. Ma Tronchetti, ha precisato Tavaroli, “non mi diede mai nessun incarico d’indagare su alcun partito italiano, estero o extraplanetario”.

Nell’udienza di mercoledì prossimo è prevista la testimonianza di Tronchetti Provera, dell’ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti e dell’ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli

Poi arriva la conferma a quanto Tavaroli aveva già detto alla giustizia sportiva, oggi interrogato dal difensore dell’arbitro De Santis afferma: “Massimo Moratti commissionò a Giuliano Tavaroli, l’ex capo della security di Telecom e Pirelli la pratica “Ladroni”, quella che riguarda in particolare l’ex arbitro De Santis”. Tavaroli, testimone-imputato di reato connesso, all’avvocato di De Santis, parte civile nel processo, ha poi aggiunto che era “per l’Inter”. Inoltre ha precisato di aver preso contatti con l’allora dirigente neroazzurro Giacinto Facchetti per i termini organizzativi dell’operazione. E quando il legale ha chiesto se dunque l’input provenisse da Moratti, Tavaroli ha confermato con un “sì”. Come risulta agli atti dell’inchiesta, il dossier che riguardava De Santis e altre quattro persone, tra cui l’ex direttore sportivo di Messina e Genoa Mariano Fabiani e il guardalinee Enrico Cennicola, è stato confezionato tra il gennaio e il luglio del 2003. Dell’operazione aveva anche parlato l’investigatore privato Emanuele Cipriani, ora imputato al processo milanese con una decina di persone. Cipriani, il 13 ottobre 2006, aveva messo a verbale: “Tavaroli si limitò a dirmi che De Santis era un arbitro che probabilmente prendeva i soldi e che occorreva controllare società sportive in Calabria per verificare un possibile collegamento con De Santis. L’incarico – aveva sottolineato l’investigatore privato – mi venne conferito da Tavaroli in Pirelli ed io fatturai alla Pirelli su richiesta espressa di Tavaroli”.

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