Le authority, “oltre ad essere istituite per lo svolgimento di funzioni di garanzia e di vigilanza sull’attuazione di valori costituzionali, sono caratterizzate in misura più o meno ampia dai connotati di indipendenza e di autonomia che le svincolano da qualsiasi riferimento al circuito dell’indirizzo politico”. O almeno questo si legge nel regolamento pubblicato sul sito del Garante della Privacy. Niente di più lontano di quanto sta accadendo negli ultimi giorni in cui i partiti, nonostante l’invito alla trasparenza di Fini, continuano a proporre i futuri presidenti e consiglieri di Agcom e Garante della Privacy. Nel segno della cooptazione senza prospettive di competenza e trasparenza. Come osserva Guido Scorza, avvocato e ideatore di vogliamotrasparenza.it per la trasparenza delle nomine in authority e Rai, “Pd e Pdl, e più in generale i partiti, in linea con gli anni precedenti, preferiscono ancora una volta la spartizione delle poltrone alle procedura di selezione meritocratica delle candidature”.

Da giorni, infatti, la rosa dei nomi per Agcom pare già fatta col bocconiano (e montiano) Angelo Cardani presidente. Poi, i consiglieri scelti dal Pdl, ovvero l’ex manager Fininvest Antonio Martusciello e l’ex collaboratore di Tajani Antonio Preto e per il centrosinistra Maurizio Decina del Politecnico di Milano e Antonio Sassano della Sapienza di Roma sul fronte del centrosinistra. Per assicurarsi che i parlamentari azzurri seguano le indicazioni di voto senza sbagliare a tutti i deputati e senatori pidiellini è arrivata addirittura una lettera. Si tratta di “patti osceni” per l’ex direttore di RaiTre Angelo Guglielmi, ma gli accordi tra partiti si spingono anche oltre la quadra tra Pd e Pdl visto che centrosinistra e Terzo polo hanno trovato la convergenza sul nome di Francesco Posteraro, vice segretario della Camera.

Stessa logica sui fronte privacy dove il Pdl ha scelto Augusta Iannini, magistrato capo dell’ufficio legislativo del ministero della Giustizia, e moglie del giornalista Rai Bruno Vespa. Legittimi i dubbi sulla sua indipendenza che dovrebbe svincolarla “da qualsiasi riferimento al circuito dell’indirizzo politico” visto che a febbraio in veste di capo del dipartimento degli Affari legislativi del ministero della Giustizia, aveva partecipato al vertice per il caso Ruby nella residenza privata del premier a Palazzo Grazioli dove si recava, diceva, solo in compagnia del ministro Alfano. Eppure era presente anche mentre si teneva un vertice del Pdl per studiare le strategie da adottare per fermare l’inchiesta della procura di Milano. Infine ilfattoquotidiano.it l’aveva ripresa anche mentre entrava nella residenza romana di Berlusconi senza essere accompagnata dall’ex Guardasigilli. 

Oltre alla Iannini il partito del Cavaliere indica anche Giovanna Bianchi Clerici, ex deputata della Lega e attuale componente del Cda Rai, condannata dalla corte dei conti a undici milioni di euro di risarcimento per la nomina nell’agosto del 2005 di Alfredo Meocci a direttore generale della Rai. Una somma da ripartire in parti uguali tra gli allora consiglieri d’amministrazione della Rai che votarono a favore, ovvero Giovanna Bianchi Clerici, Gennaro Malgieri, Angelo Maria Petroni, Giuliano Urbani e Marco Staderini, e l’allora ministro del Tesoro Domenico Siniscalco che propose la nomina. Meocci, infatti, era contemporaneamente membro dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. 

Per parte sua, il Pd non sceglie di andare controcorrente. Saranno Antonello Soro e Licia Califano i candidati del Pd, decisi nelle ‘primarie’ interne ai gruppi Democratici di Camera e Senato che si sono tenute stamani a Montecitorio, comunicato dai presidenti Anna Finocchiaro e Dario Franceschini al termine dello spoglio. Soro, ex capogruppo dei Democratici alla Camera, sarebbe anche in predicato per diventare presidente dell’Authority. Licia Califano, eletta sulla base della pari rappresentanza di genere, è docente di diritto Costituzionale all’università di Urbino. “Quando c’è competizione, le donne prevalgono – ha sottolineato con soddisfazione Finocchiaro – E’ una bellissima candidatura”. Franceschini, nonostante la selezione sia stata tutta interna ai partiti e non aperta alla competizione, è convinto di avere “scelto il metodo più trasparente possibile e visto che c’erano tanti nomi, tutti di qualità, abbiamo scelto di far votare il gruppo”. Totonomine anche per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, dove il partito di Bersani ha indicato il nome di Giuseppe Lauricella come successore di Sergio Mattarella.

Parisi protesta. A fronte delle polemiche dei giorni scorsi intorno alla scarsa trasparenza sulle nomine Agcom, il Pd ha deciso di fare le primarie per scegliere i candidati per i posti da consigliere dell’Agcom e per il Garante della privacy che sono rispettivamente 19 e 14. Una scelta che però non è condivisa da Arturo Parisi convinto che anche in questo modo non sia rispettata la logica della trasparenza. “Che sia scelto dal segretario, dalle presidenze dei gruppi o dai parlamentari attraverso una consultazione che si immagina di nobilitare col nome di ‘primarie’ – ha spiegato il deputato – il candidato resta un candidato di partito”. Secondo Parisi “per questo solo fatto, il Pd riconosce a Berlusconi il diritto di scegliersi un candidato che, in quanto indicato dalla sua parte, viene riconosciuto come rappresentante dei suoi interessi di parte. Altro che Autorità di garanzia e regolazione”. 

Idv e Radicali non votano. Italia dei Valori e Radicali hanno dichiarato di non partecipare al voto per il rinnovo dei consigli: “L’Italia dei Valori è sempre stata contraria ad ogni forma di spartizione lottizzatoria dell’Agcom da parte dei partiti – ha spiegato Antonio Di Pietro – proprio perché un organo di garanzia dovrebbe rimanere terzo rispetto al ruolo della politica”.

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