Il Carpi non lo immaginava certo così il suo finale di campionato. Il terremoto, che ha seminato morte e distruzione in Emilia, ha svuotato di significato la lunga rincorsa della squadra alla serie B. Nessuna voglia di fare festa neppure dopo lo 0-0 di ieri, nell’andata contro la Pro Vercelli, preparata a Novara. Lo stadio Cabassi non può essere utilizzato, come quello di Reggio Emilia adottato fino ad ora, e così anche domenica prossima i ragazzi di mister Notaristefano saranno costretti a giocare lontano da casa la partita che vale la storia.

Da domani la squadra si allenerà a Collecchio, lontano da tutto e da tutti. E questa volta non è un vezzo della società o dell’allenatore per evitare le distrazioni ai giocatori, ma un’esigenza dettata dal terreno che continua a tremare.

In due settimane, quelle decisive, il sisma ha privato la squadra di mister Notaristefano della sua casa, il Cabassi. E ora la storica società, fondata nel 1909 e rinata cent’anni dopo dalla fusione dell’Ac Carpi con la Dorando Pietri, rischia anche di non poter utilizzare lo stadio di Reggio Emilia, quello in cui ha costruito una stagione di successi che si è conclusa con il terzo posto della stagione regolamentare.

Mancano alcune telecamere di sicurezza e la Lega Pro sta per decidere di far disputare l’incontro al Braglia di Modena. Il Carpi però non molla, proprio come l’Emilia celebrata dai tifosi della squadra con lo striscione – “L’Emilia trema ma non molla” – esposto ieri allo stadio Piola di Vercelli. Quasi una storia da libro Cuore, come la decisione di devolvere l’incasso delle due finali alle popolazioni terremotate.

A questo punto, per il Carpi e i suoi tifosi, manca soltanto il lieto fine, quella promozione – Pro Vercelli permettendo – che ripagherebbe la squadra di tutte le fatiche. E magari regalerebbe alle popolazioni terremotate la scusa di non pensare al sisma almeno per qualche ora.

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