Il 2 giugno del 1981 moriva a soli 31 anni, in un incidente d’auto, Rino Gaetano. “Muore giovane chi è caro agli dei”, potremmo consolarci così.

Ma in realtà siamo orfani inconsolabili della perdita di Rino, paladino del sud e degli sfruttati e nemico di qualsiasi parte politica.

Rino era un maestro nell’arte dello sberleffo, ma in realtà, come tutti i clown, nascondeva un’anima triste e alcune sue canzoni la rivelano in pieno come “Mio fratello è figlio unico”: “E’ convinto che esistono ancora gli sfruttati, malpagati e frustrati/ mio fratello è figlio unico sfruttato represso calpestato odiato.” Ma del resto, in fondo, sono meno dolorose canzoni come le strafamose “Ma il cielo è sempre più blu” (“chi vive in baracca, chi suda il salario,…chi va sotto un treno”) o “Nuntereggae più” (“mentre vedo tanta gente che non c’ha l’acqua corrente e nun c’ha niente”)? e che dire di “Fabbricando case”, inno contro speculazione edilizia, o meglio, contro i palazzinari?

La notte dell’incidente rivelatosi mortale, il corpo di Rino fu rifiutato da ben cinque ospedali. Una delle sue prime canzoni del periodo del Folkstudio, “La ballata di Renzo”, narrava la storia di un giovane che, a seguito di un incidente automobilistico, non trovava un ospedale che fosse disposto a ricoverarlo… L’ironia in qualche modo l’ha seguito anche in fin di vita.

 

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