Quando emergono scandali attorno a un fenomeno molto popolare, tutti si sentono in dovere di dire la loro. Ma se il fenomeno, nel nostro caso il campionato di calcio, ha una sua specificità, regole proprie magari un po’ complesse, una sua storia, allora le cose che si dicono rischiano di degenerare. I discorsi, le dichiarazioni si susseguono, ma si fanno sempre più generici, pieni di imprecisioni e di confusioni che non giovano certo alla comprensione del problema che è condizione necessaria per una sua soluzione.

Prendiamo, per esempio, l’intervento del premier Monti. Tutti si sono preoccupati per il suo auspicio di fermare il campionato per due/tre anni, discutendo della praticabilità, dell’utilità, della pericolosità della proposta. E invece il problema stava a monte, nella sua ingenua premessa di ex appassionato di calcio, di un calcio d’antan ancora ricco di quei valori etici che oggi vengono vilipesi. Ecco, se si comincia così, non si va da nessuna parte. Chi conosce un po’ il calcio sa che la sua storia è piena zeppa di partite comprate, di giocatori venduti, di dirigenti corruttori e arbitri corrotti, di mazzette illecite per i cosiddetti premi a vincere (cioè pagati da una terza società perché una squadra senza più interessi di classifica si impegni contro un avversario scomodo), di pareggi aggiustati perché utili a entrambi i contendenti, quelli evocati, con la metafora dei due feriti e un morto, da Buffon, che in questi mesi ha detto tante stupidaggini ma in quel caso solo un’ovvietà.

Se qualcuno fosse interessato, non ha che da chiedermelo e posso enumerare nei dettagli una serie infinita di situazioni illecite che nella storia del campionato sono state scoperte e di tante altre che l’hanno fatta franca. Ripeto: se ci si limita a contrapporre un presente torbido a un passato limpido, non si capisce la vera natura dell’odierno scandalo calcistico, la sua gravità, che riguarda tre elementi nuovi, rispetto al passato, su cui occorre intervenire. Il primo è l’oggetto “truccato”, che non è più il risultato, una vittoria o un pareggio utili a una squadra e per questo “comprati”, ma il numero di gol necessari a far scattare la vincita degli scommettitori. Il secondo è la cabina di regia globalizzata: non più le società interessate a un risultato a loro favorevole, ma una rete criminale con cupola a migliaia di chilometri dai campi dove si gioca la partita taroccata. Il terzo, il più nuovo, è la partecipazione alle combines del cosiddetto tifo organizzato, dei gruppi ultras. Mi sono sempre chiesto come facessero a sbarcare il lunario certi personaggi che vivono tutto il loro giorno appresso alla squadra del cuore. Adesso la domanda comincia ad avere qualche risposta. Piuttosto inquietante. E da lì bisognerà partire, se si vuole fare davvero pulizia, da un’analisi precisa di questa realtà complicata, dalla ricerca dei mille rivoli del marciume che si è diffuso nel calcio e dal confronto con questo degrado. Un confronto difficile e duro in cui non c’è spazio né tempo per romanticherie sul passato.    

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