Io abito al Colle Oppio e, la mattina del 2 Giugno, mi sveglia sempre lo zoccolio dei cavalli sull’asfalto di via Mecenate. In realtà, non mi svegliano i cavalli, bestie dal passo piuttosto discreto, per quanto ferrato e insolito da queste parti, ma l’infernale, e nel contempo benedetta, macchina dell’Ama che rumorosamente li segue, cancellando le tracce del loro passaggio che, in altri tempi, restavano a lungo a segnarne il percorso.

Quest’anno, niente cavalli il 2 Giugno. Eppure, in settimana, erano passati, come di consueto, per le loro esercitazioni, come se la festa dovesse svolgersi senza variazioni al programma. Niente cavalli, e pure niente sorvolo delle Frecce Tricolori con la loro scia rosso-bianca e verde – e dire che, solo nel 2010, le prestavano a Gheddafi per fare festa a spese nostre nella sua Libia -, la metà dei settori che sfilano, le ‘bande mute’, gli applausi più tiepidi del solito un po’ perché pochi hanno voglia di applaudire e un po’ perché c’è meno da applaudire, dentro i cuori e davanti agli occhi.

E’ la festa dimezzata, triste più che ‘sobria’, come la definisce il presidente Giorgio Napolitano, usando un aggettivo che andrebbe lasciato a riposo per qualche tempo perché logorato dall’uso, d’un Paese ferito e fiaccato: ferito dal terremoto, ma non solo dal terremoto, ché, a memoria d’uomo, molte di peggio ne ha viste di catastrofi naturali – e questa colpisce una terra e una gente senza piagnistei e abituata a rimboccarsi le maniche senza aspettarsi che altri lo facciano per loro -; ma anche fiaccato dalla crisi, dai sacrifici, dall’incertezza delle scelte, dai dubbi su chi regge davvero la barra. dalla mancanza di prospettive.

Ma, allora, piuttosto che una festa triste, che festa non è, e piuttosto che un mezzo 2 Giugno, senza cavalli, senza Frecce e, soprattutto, senza applausi e senza entusiasmo, non era meglio, mi chiedo, mettere tra parentesi non il 2 Giugno, ma questo 2 Giugno: è un momento così, che la testa è piena di pensieri e le tasche sono spesso vuote.

Per mostrare rispetto alla Repubblica, le istituzioni, i partiti, i sindacati, le imprese, noi tutti abbiamo di meglio da fare che una festa. Se ci diamo da fare tutti, e bene, magari il 2 Giugno dell’anno prossimo, o di un anno che verrà, mi svegliano di nuovo i cavalli. E ripassano le Frecce. Senza polemiche.

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