Chi si oppone all’austerità fiscale sostiene che l’aumento della spesa pubblica e l’accumulo dei debiti pubblici successivi sono il risultato e non la causa della crisi attuale. Può allora essere utile guardare i dati di spesa per la sanità pubblica, che non dipende dalla crisi, ma da vari altri fattori, demografici in primo luogo. Questa spesa è aumentata in media del 50 per cento nell’area euro e “solo” del 26 per cento in Germania.. L’Italia ha fatto meglio di molti altri paesi, ma comunque peggio dei tedeschi. Un elemento di riflessione per la spending review europea e italiana in corso.

di Francesco Daveri* (Fonte: lavoce.info

Da quando c’è l’euro, la spesa pubblica è letteralmente esplosa in tutti i paesi dell’euro zona tranne che in Germania. In alcuni casi (Spagna, Irlanda) l’esplosione è avvenuta insieme con e a causa della grande recessione 2008-09 che ha prodotto la necessità di salvataggi bancari, sussidi di disoccupazione, assistenza sociale ai nuovi poveri. E infatti chi si oppone all’austerità fiscale – il Nobel Paul Krugman, l’editor economico del Financial Times Martin Wolfe e molti economisti italiani – sostiene con qualche ragione che l’aumento della spesa pubblica e l’accumulo dei debiti pubblici successivi sono il risultato piuttosto che la causa della crisi attuale. 

La spesa per la salute non dipende dalla crisi

C’è però una voce della spesa pubblica che dovrebbe essere relativamente indipendente dalla crisi dell’economia: si tratta della spesa sanitaria. La sua evoluzione è infatti il risultato di vari fattori: prima di tutto della demografia, del prezzo dei farmaci e del costo della tecnologia necessaria per erogare i servizi sanitari oltre che dell’organizzazione del lavoro in campo sanitario e delle legislazioni nazionali. La crisi con la spesa sanitaria non c’entra. Guardare a ciò che è successo alla spesa sanitaria è dunque utile per capire in che senso e quali paesi dell’eurozona – esposti più o meno a simili trend di invecchiamento della popolazione e al progresso tecnologico in campo farmaceutico e medicale – sono stati un po’ troppo generosi con le loro spese. I dati rappresentano utili elementi per la spending review europea (e italiana) oggi in corso. E i dati sulla spesa sanitaria parlano chiaro. Come si vede nelle figure 1 e 2, i numeri per la sanità tendono a riprodurre i trend della spesa complessiva. Dal 2001 fino al 2010, la spesa sanitaria nell’eurozona è aumentata del 51 per cento in euro correnti, corrispondenti a un aumento di poco più di un punto in percentuale sul Pil. Nello stesso periodo di tempo, la spesa sanitaria tedesca è aumentata solo del 26 per cento (+0,5 in percentuale sul Pil tedesco: dal 6,7 al 7,2 per cento). Nel resto dell’eurozona senza la Germania, la spesa sanitaria è invece aumentata del 64 per cento (+1,3 per cento sul Pil degli altri 16 paesi, dal 6,3 al 7,6 per cento). Nei paesi oggi sull’orlo del default, la spesa sanitaria è aumentata del 128 per cento in Grecia (+2,4 in percentuale sul Pil), del 96 per cento in Spagna (+1,4 in percentuale sul Pil), dell’83 per cento in Irlanda (+2,3 sul Pil) e “solo” del 40 per cento in Portogallo (+0,6 sul Pìl). In Francia la spesa è aumentata del 42 per cento, cioè di poco meno di un punto in percentuale rispetto al Pil. 

Lo spazio per i tagli della spending review 

E in Italia? La spesa sanitaria italiana, oggi al centro dell’attenzione della spending review del governo, è aumentata meno che nell’eurozona ma due volte più che in Germania, con un aumento del 50 per cento dal 2001, salendo dal 6,3 al 7,6 per cento del Pil (cioè di 1,3 punti). Tutto ciò mentre la frazione di persone anziane (sopra i 65 anni) in Italia e Germania è la stessa: 21 per cento del totale. Non c’è dubbio che dieci anni fa, in Italia e nel resto dell’Europa, la spesa pubblica sanitaria fosse più bassa che in Germania. Ma la crescita della spesa sanitaria degli ultimi dieci anni in presenza di simili shock demografici e tecnologici è un dato difficile da smentire. Buon lavoro, commissario Bondi. 

Figura 1: Crescita della spesa sanitaria (in euro correnti) nei paesi europei, punti percentuali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 2: Aumento della spesa sanitaria nei paesi europei (in percentuale sul Pil)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Francesco Daveri insegna Scenari Economici presso l’Università di Parma. E’ anche docente nel programma MBA della SDA Bocconi. Ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale, la Commissione Europea e il Ministero dell’Economia. La sua attività di ricerca riguarda la relazione tra le riforme dei mercati, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Il suo libro più noto è “Centomila punture di spillo” (scritto con Carlo De Benedetti e Federico Rampini, Mondadori 2008). Scrive sul Corriere della Sera.

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