“Ciao, ciao a tutti, grazie!”. Non l’avremmo detto, ma con Matteo Garrone il 65° Festival di Cannes parla italiano: Grand Prix Speciale della Giuria al suo Reality, come già nel 2008 per Gomorra.

Lo zampino, ovvio, è del presidente di Giuria Nanni Moretti, che in Francia è una superstar, anche più che da noi: cambierà qualcosa ora che a film e interpreti francesi non ha dato nulla? Boh, ma sul palco a cantare la Marsigliese con Michael Haneke ci sono gli “attori geniali” della sua Palma d’Oro, Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant, degni di menzione speciale. Per il regista austriaco e francese d’adozione si tratta di un bis: Palma per Il nastro bianco nel 2009, e dopo soli tre anni si ripete, con l’ovazione del Grand Theatre Lumiere.

E meno male che, secondo le avvertenze della vigilia, il cinema di Haneke doveva risultare indigesto a Moretti. Invece no, l’amore (e la morte) ai tempi della vecchiaia e della malattia la spunta su tutti, accrescendo la caratura autoriale internazionale di Haneke: viceversa, c’era già il titolo buono, Palma d’Oro 24 Carax, ma il folle, poderoso e ambizioso Holy Motors, un altro reality, di Leos Carax resta a bocca asciutta. E’ l’esclusione più pesante, più ingiusta, perché Stile e Visionarietà in Concorso erano davvero solo qui. Nulla, e davvero questo cinema, questo autore devono essere rimasti sullo stomaco a Nanni.

Peccato. Sul fronte attoriale, le interpreti di Beyond the Hills del romeno Cristian Mungiu, Cosmina Stratan e Cristina Flutur, e possiamo concordare. Ancor più nel caso dell’attore maschile, lo straordinario Mads Mikkelsen (la nemesi di 007 in Casino Royale) in The Hunt del connazionale danese Thomas Vinterberg, dove fa da preda e capro espiatorio dell’isteria collettiva. Sospettato di pedofilia, ma innocente. 

Premio alla regia per il messicano Calos Reygadas con Post Tenebras Lux: ottiche e sintassi da brividi, ma sceneggiatura in libera uscita, anzi, non pervenuta. Ribadiamo, dov’è Carax? Cita invece Fellini “Ciao Federico!” Nastassja Kinski, sul palco per premiare la sceneggiatura di Cristian Mungiu (già Palma d’Oro nel 2007 per 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni) per Beyond the Hills, mentre Ken Loach si porta a casa il premio della giuria per la commedia The Angels’ Share, applaudito cocktail di whisky e gioventù bruciata scozzese. “Cannes dimostra che il cinema non è divertissement”,  dice Ken il rosso: “Esprimiamo la nostra solidarietà a chi fa fatica”. Palma d’oro del cortometraggio a Sessiz-Be Deng del turco Rezan Yesilbas, la Caméra d’or alla migliore opera prima di tutte le sezioni se la aggiudica Beasts of the Southern Wild di Benh Zeitlin. L’unico americano a mettere piede in palmares, e qui nulla da dire: la pattuglia stelle e strisce in concorso era roboante solo per cast, ovvero assolutamente deludente negli esiti artistici.

Bravo Moretti, almeno qui. Per il resto, e i fischi al Grand Theatre Lumiere ne sono la spia, le polemiche su questo epilogo non mancheranno. D’altronde, ancora echeggiano quelle per il Leone d’Oro che da presidente di giuria di Venezia attribuì nel 2001 a Monsoon Wedding di Mira Nair. Meglio come regista, il nostro Nanni. Decisamente.

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