Io e te, Bertolucci e i giovani. A Cannes è passato fuori concorso – dentro ci sarebbe stato, anzi, ci sarebbe dovuto essere – nelle nostre sale arriverà in ottobre, e va, andrà visto. Lo sappiamo, BB è in carrozzella, “la mia sedia elettrica” la chiama, ma sta ancora in piedi nel cinema che conta: pensava di dover smettere dopo The Dreamers, non l’ha fatto. Buona notizia, e buona visione. Giocando tra “claustrofobia e claustrofilia”, ha preso il romanzo di Niccolò Ammaniti, e ci ha fatto il film oggi più congeniale alle sue condizioni fisiche, e al suo sguardo che da sempre accarezza i giovani, i tardoadolescenti, gli adolescenti: tutto in una cantina, con la macchina da presa a frugare negli angoli più oscuri, più convessi e dolenti.

Perché il ’68 è lontano, se non sepolto, e i giovani sognatori del precedente The Dreamers sono andati in soffitta: qui non c’è più la rivoluzione, ma la reazione a un mondo che non va. E sono due: chiusura, ovvero autismo, e apertura incondizionata, masochistica, ovvero tossicodipendenza. Due facce uguali e contrarie, come Lorenzo e la sorellastra Olivia, interpretati da due esordienti eccezionali: Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco. Il primo è un adolescente difficile, chiuso, che alterna scatti d’ira a sorda indifferenza: musica sparata in cuffia, e una scusa, “non faccio male a nessuno”. Non è vero, e soprattutto nei confronti di se stesso. Dovrebbe partire con la scuola per una settimana bianca benedetta (leggi: imposta) da mamma e papà, ma non parte: preferisce un soggiorno segreto nella cantina di casa. E Lorenzo altri non è che una formica di quel formicaio di plexiglas che s’è comprato, insieme a tante schifezze di provviste. Un libro, tanta musica, il sonno, mentre il mondo là fuori non lo sta a guardare. 
Ma… La fuga, la reclusione, la clausura non tiene, non dura: “Lorenzo vuole stare solo, ma inaspettatamente lo travolge una furia”, osserva Bertolucci. E la furia si chiama Olivia, che “lo costringerà ad affrontare una realtà che ha sempre rifiutato di conoscere e a provare dei sentimenti”. Olivia: bella, fotografa, sorellastra, soprattutto, con la scimmia addosso. E’ una tossica confessa, si fa d’eroina, e ripulirsi è devastante: sudori, insonnia, tremori, vomito, perché quella scimmia non se ne vuole andare. Eppure, ormai sono Lorenzo e Olivia: lui e lei, anzi, Io e te, sprofondati in cantina per troppa indifferenza o troppe ferite. Se le leccano insieme o almeno arriveranno a farlo: di due uno, dall’uno la possibilità di riscoprirsi due persone diverse, sperabilmente, più aperte, meno masochistiche.

Forse, addirittura più forti. Gli adolescenti sono tutti problematici: è tipico di quell’età, e mi commuove”, confessa Bertolucci. Non offre soluzioni, non ci sono, ma in quella cantina sa mettere il mondo, quello dei giovani oggi, quello della Crisi e delle tante crisi declinate in prima persona singolare. Dunque, Lorenzo e Olivia, due come noi, nascosti e sfatti dalla realtà, scovati e cullati dal cinema. Il mondo Bertolucci non vuole, non può cambiarlo più, ma sulla musica di Space Oddity nel finale David Bowie canta Mogol: Ragazzo solo, ragazza sola. Al posto di quella virgola BB riesce a mettere una fragile congiunzione: e. Io e te.

 

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