Un’istanza di accesso ai curricula dei candidati a presiedere l’Agcom, firmata da associazioni rappresentative di centinaia di migliaia di cittadini, consumatori ed imprenditori, respinta al mittente perché presentata quando [n.d.r. ad un pugno di ore dalla scadenza del mandato del Presidente uscente] il procedimento di nomina non risultava ancora avviato.

Una formale richiesta di trasparenza proveniente dall’ufficio delle Nazioni Unite che si occupa della promozione e tutela della libertà di informazione, indirizzata al nostro sottosegretario agli Esteri, inghiottita nel silenzio.

Decine e decine di istanze e richieste di trasparenza rimaste senza risposta.

Considerata la pervicacia con la quale il Governo dei professori ha sin qui respinto al mittente o lasciato rimbalzare contro il muro di gomma di Palazzo Chigi, ogni richiesta di trasparenza nelle nomine dei membri delle Autorità indipendenti e del CdA della RAI è almeno lecito dubitare che la trasparenza sia ritenuta dall’attuale Esecutivo un valore ed un principio cui ispirarsi nell’azione di governo.

Guai, tuttavia – specie in tempo di crisi – a lasciare frecce nella faretra o a perdere la speranza, rinunciando a combattere battaglie di civiltà come questa.

In questa prospettiva, val la pena di ricordare al Professor Monti – qualora volesse davvero raccogliere l’invito a varare un decreto Libera-Italia che regoli le nomine a tutte le cariche pubbliche – cosa fanno all’estero.

In Zambia, ad esempio, la nomina dei nove membri dell’Authority è operata sulla base delle raccomandazioni di un’apposita commissione costituita, tra l’altro, da rappresentanti di organizzazioni non governative operanti nel settore dei diritti umani, organizzazioni religiose, enti che si occupano di supporto dei media. 
Ciò che, tuttavia, sorprende di più è che la Commissione per la nomina dei membri dell’Autorità deve provvedervi attraverso un autentico procedimento di selezione, trasparente e basato sull’esame di curricula e su interviste dei candidati.

Non male come esempio, considerato che da noi, sin qui, non è stato neppure possibile conoscere ufficialmente i nomi dei candidati, né le dinamiche attraverso le quali si starebbe procedendo alla selezione di quelli che rumors e fughe di notizie danno come favoriti.

Analogamente di insegnamento è la disciplina istitutiva dell’omologa Rwandese della nostra Agcom.

I sette membri dell’Autorità che ha sede nella città di Kigali, Capitale del Rwanda, infatti, sono così nominati: due sono selezionati dal Ministro dell’informazione, tre sono scelti – attraverso elezioni – tra i rappresentanti dell’industria media pubblica (uno) e privata (due), uno – sempre attraverso una procedura elettorale – tra i rappresentanti di associazioni non governative e, infine, l’ultimo dalla federazione che rappresenta l’intero settore privato. 
Come se non bastasse, almeno due, dei sette membri devono essere donne. Donne. Sin qui praticamente assenti tra i nomi che si sentono in questi giorni, nel nostro Paese, come candidati alle nomine cui l’Esecutivo deve procedere.

E, per finire, veniamo a come vanno le cose al di là della Manica, nella Gran Bretagna di Sua Maestà.
Dal 1995 in Inghilterra esiste un Commissario [n.d.r. the commissioner for public appointment for ministerial appointments to public bodies] che, sulla base di un apposito codice [n.d.r. 126 pagine] è chiamato a garantire che tutti i processi di nomina di cariche pubbliche siano corretti, aperti e trasparenti e soprattutto conducano a nomine basate sul merito.

Semplici – anche se rivoluzionari se confrontati con quanto accade nel nostro Paese – i principi che devono ispirare ogni processo di nomina a cariche pubbliche, secondo il Codice. Eccone alcuni.

Tutte le nomine devono essere basate su una selezione fondata sul merito attraverso un processo che preveda l’acquisizione di idonee e puntuali informazioni su tutti i candidati ed un’attenta verifica che le competenze, esperienze e qualità di ogni candidato siano coerenti con l’interesse pubblico.

Chiunque in possesso dei requisiti da pubblicarsi a cura del soggetto che deve procedere alla nomina, può candidarsi alla carica in modo trasparente, semplicemente trasmettendo una domanda completa di tutte le necessarie informazioni.
E’, anzi, compito del soggetto che ha la responsabilità della nomina promuovere il maggior possibile numero di domande, soprattutto da parte di eventuali minoranze e/o gruppi scarsamente rappresentati.

Una commissione indipendente deve essere chiamata ad esaminare tutti i curricula e, in assenza di tale verifica, non può procedersi a nessuna nomina.

Il “political balance” – padre delle spartizioni e lottizzazioni politiche che governano ogni processo di nomina a casa nostra – nel Regno di Sua Maestà può venire in considerazione solo in ipotesi del tutto eccezionali quando la carica da nominare lo richieda.

L’intero processo deve avvenire in modo trasparente e sotto gli occhi dell’opinione pubblica.

La violazione di una qualsiasi delle decine di regole contenute nel codice rende impugnabile la nomina e può produrre al suo annullamento.

Facile no? Per scrivere il decreto “libera-Italia” e garantire al Paese un futuro nel quale le cariche pubbliche siano ricoperte solo ed esclusivamente da persone competenti e selezionate sulla base di processi rigorosi, obiettivi e trasparenti, non serve essere professori.

Basta solo prendere esempio da Zambia, Rwanda ed Inghilterra.

Possiamo provare ad imparare dagli altri? 

Un decreto Libera-Italia. L’appello del Fatto per la trasparenza delle nomine (di Marco Travaglio) – Firma la petizione

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