Il livello di tassazione media in Italia è cresciuto in dieci anni di quasi 5 punti percentuali; un incremento enorme a cui l’attuale Governo ha dato una ulteriore mano consistente.

Prendendo il dato relativo alla sola Irpef per il periodo 2003–2010, si scopre che l’imposizione non è aumentata in modo omogeneo; infatti il reddito imponibile totale è aumentato meno del 21%,  quello dei lavoratori dipendenti di circa il 21,5 %  e quello dei pensionati di circa il 29%, mentre quello cumulativo di autonomi, imprese e artigiani, è aumentato del 20,5%; quindi il reddito (accertato) di dipendenti e pensionati è cresciuto più di quello degli altri arrivando all’81,5 % del totale nazionale; contemporaneamente, con aliquote non depurate dal fiscal drain il gettito Irpef da lavoratori dipendenti e pensionati è arrivato oltre il 78% del totale. Il rimanente 22 % se lo sono suddivisi i lavoratori autonomi (professionisti, commercianti, artigiani: 6%), imprese: 3,9 % redditi in partecipazione: 5,3% e altri redditi: 6,3% .

Ci può stare, diciamo che la crisi del 2008/2009 ha colpito più duramente  l’imprenditoria rispetto a dipendenti e ai pensionati.

Altro dato interessante è che le aliquote elevate (oltre il 41%) si sono applicate soprattutto a lavoratori dipendenti e pensionati, che hanno costituito il 70% della massa di coloro che appunto hanno aliquote del e oltre il 41%; anche questo ci può stare; il calo del reddito dell’imprenditoria avrà causato anche una discesa delle aliquote.

Comunque, abbiamo una popolazione nella quale la ricchezza è perlopiù nelle mani di lavoratori dipendenti e pensionati; il problema è che queste due categorie di ricchi le proprie risorse le buttano via ogni mese in cose come il cibo, qualche vestito, magari in benzina e persino un cinema.

Eh si, perché quando si va a vedere la distribuzione dei beni di lusso, come ha fatto il Sole 24 Ore nel Dicembre del 2011; si impara che  le circa 100.000 barche in Italia sono possedute al 42 % da persone con redditi inferiori ai 20.000 € così come aerei e elicotteri privati, posseduti al 25% sempre da persone con redditi inferiori a 20.000€ annui;  non va meglio neppure in riferimento alle auto di grossa cilindrata che risultano per la maggior parte  intestate a persone fisiche con redditi molto bassi.

I dipendenti e i pensionati, non prediligono l’acqua e l’aria e neppure le automobili potenti; forse hanno concentrato i loro acquisti su altri beni, per esempio gli immobili. No, perché un rapporto della Camera dei Deputati (datato 2003, ma non penso che la situazione sia grandemente mutata) a pag. 75, evidenzia come le proprietà immobiliari si concentrino maggiormente nelle famiglie dove almeno un componente è lavoratore autonomo e come solo percentuali “cosmetiche” di dipendenti possedessero nel 2003 immobili di valore superiore ai 350.000 €, stando in questa statistica in un rapporto inferiore al 50% rispetto ai lavoratori autonomi.

Insomma, i maggiori contribuenti alle casse dello stato non accedono a beni di lusso e proprietà immobiliari consistenti, però, attraverso il perverso legame anche di parte delle prestazioni statali al reddito accertato, si qualificano per altri balzelli quali i ticket sanitari o le tasse scolastiche dei figli, tanto per fare due esempi e che diventano iniqui perché basati su redditi accertati in modo ineguale.

Fino qui la descrizione di una situazione iniqua e socialmente devastante, arcinota ma che vale sempre la pena di guardare in maggiori dettagli; il fatto peggiore e devastante anche per l’economia del paese, però, è che aumentare la pressione fiscale sulle categorie che, benestanti agli occhi del fisco, spendono nella pratica tutto il loro reddito residuo in bisogni primari, ci fa avanzare ogni giorno di più nella recessione, sottraendo risorse che alimenterebbero i consumi, lasciandole invece dove ragionevolmente possono essere accumulate in quanto non primariamente necessarie o, peggio, portate all’estero.

Se non si trova (ma molto rapidamente) una soluzione a questo problema e si insiste nel far pesare la struttura dello stato sui “soliti noti” anziché applicare misure magari anche draconiane (data l’emergenza economica e sociale) sul sommerso, le dissertazioni sulla crescita da promuovere (si legga stimolare i consumi) rimangono aria fritta, poiché nella pratica si va nella direzione opposta.

Inoltre, cosa anche peggiore, maturano rancori erroneamente diretti nei confronti di Equitalia, la fiducia nella classe dirigente del paese crolla e si prepara piano piano il terreno all’ingovernabilità in stile greco. 

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