Gene Gnocchi, stasera, e Beppe Grillo, domani, chiuderanno la campagna elettorale per convincere chi vota a scegliere il sindaco di una Parma immiserita dalle mani lunghe dei capataz del centrodestra. L’eleganza culturale che per un secolo ha avvolto la città con poeti, scrittori, registi e intellettuali mai distratti, affida ai comici l’ultima speranza. Politica ridotta così. Ridere con rabbia o indignarsi ridendo. Gli impegni del buon governo sfarfallano nelle intenzioni di programmi ancora di gomma. Che il graffio dell’ironia più divertente possa proclamare il sindaco non è proprio uno scandalo ma neanche una medaglia alla democrazia in un posto dove solo un miracolo può chiudere le voragini greche della piccola capitale dai debiti senza fondo. Per spiegare il varietà che sostituisce la politica ecco il modulo calcistico del marcarmento a uomo: arriva Gnocchi che fa il catenaccio per contenere il Grillo annunciato. Qualcuno si vergogna e prova a dire: é già successo, proprio qui, quando Guareschi comincia a scrivere don Camillo, Italia del primo dopoguerra. Ma chi é Peppone e chi Don Camillo?

Gene Gnocchi portabandiera di cresciuto tra Cgil e partito. Si conoscono da sempre, nati a Fidenza, 20 chilometri dalla città. Se Bernazzoli ha impiegato un certo tempo ad avvicinarsi alla politica, Gene ha respirato politica da bambino. Il padre, Ercole Ghiozzi, guidava la Camera del Lavoro quando gli scioperi erano duri. Scriveva il discorso del Primo maggio nei foglietti da impugnare sul palco; ne provava il trasporto leggendolo ai figli. In prima fila Gene si compiaceva degli applausi. Poi il partito lo ha espulso per “deviazione cinese”: troppo a sinistra. Intanto il figlio diventa avvocato ma non gli piace: immagina di conquistare la vita giocando al pallone. Arriva alla serie C, poi comincia il successo: Zelig a Milano, Tv, cinema con la Wertmuller. Ma non abbandona la politica. Consigliere comunale a Fidenza chiude i comizi di Bersani.

Stasera a Parma parla in piazza 24 ore prima del Grillo nato in una famiglia molto diversa. La madre amava il pianoforte, padre imprenditore che “ tagliava i metalli”. Se Gene si disperde in tante scalate, per Grillo è subito il trionfo: a 31 anni in tv con 20 milioni di spettatori. Trasforma l’ironia in satira feroce, inevitabili risvolti politici che frustrano i peccati di chi ascolta. È la sua nuova bandiera. Dunque, né Peppone né don Camillo. Anche perché nessuno dei due signori della risata vuol fare il sindaco: solo specchi per le allodole del voto. Post spettacolo di un Gnocchi a sorpresa, avanspettacolo di Grillo.

Quando Gene ha preso la parola accanto a Bersani era appena uscito un libro autocelebrativo del Cavaliere e ne ha imitato la modestia con montaggi che mettevano in scena la biografia del suo onorevole candidato: Bersani primo uomo a camminare sulla luna, primo picconatore ad abbattere il Muro di Berlino, ambientalista in lotta contro l’estinzione dei dinosauri. Sta montando qualcosa del simile per frenare il grillino Pizzarotti, programmatore telematico che aggiorna sistemi bancari. Né macchie né medaglie solo una voglia naif di ringiovanire la città dei fantasmi. Intanto il toto voto di Parma annuncia contendenti appaiati. Sono arrivati al ballottaggio con Bernazzoli 20 punti avanti. Pareva non vi fossero problemi ma il rush finale di Grillo insinua una certa paura: se vince la sua risata il popolo della destra espulsa dalle schede, si vendica con la sinistra e vota 5 Stelle.

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