“Ad un governo che ha spesso violentemente attaccato i magistrati e le loro inchieste quando queste riguardavano i rapporti tra mafia e politica, che ha sostenuto progetti di riforma costituzionale tendenti a comprimere l’autonomia e l’indipendenza della magistratura non si può attribuire nessun premio”. Dopo Antonio Ingroia anche il sostituto procuratore della dda di Palermo Nino Di Matteo replica alla provocatoria proposta di Pietro Grasso. Il capo della procura nazionale antimafia aveva proposto nei giorni scorsi di dare “un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia, perché hanno tradotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi: siamo arrivati a quaranta miliardi di euro”. Un suggerimento quello di Grasso che aveva fatto fare un balzo dalla sedia ad Antonio Ingroia. “Un premio a Berlusconi per la lotta del suo Governo contro la mafia? Non diamo meriti a chi non ce li ha” aveva subito commentato il procuratore aggiunto dell’antimafia palermitana.

Stamattina anche Di Matteo, che è il presidente distrettuale dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha voluto replicare a Grasso, spiegando perché la sua proposta non può essere condivisibile. E lo ha fatto passando in rassegna i principali provvedimenti legislativi in chiave di giustizia dell’ultimo governo Berlusconi. “Credo – ha detto Di Matteo – che non si possa attribuire nessun premio e nessun riconoscimento ad un governo che ha sostenuto progetti di riforma in tema di intercettazioni telefoniche e ambientali, che ove approvati avrebbero definitivamente spuntato e reso meno efficace l’arma più incisiva nella lotta alla mafia, ad un governo che non ha fatto nulla per rendere più incisiva, nonostante le raccomandazioni anche europee, la lotta alla corruzione e a tutti quei fenomeni criminali che costituiscono il grimaldello con cui le organizzazioni mafiose penetrano la politica e le pubbliche amministrazioni. Nessun riconoscimento ad un governo che è stato sostenuto da forze politiche che hanno candidato anche soggetti condannati in primo e secondo grado per fatti di mafia. Per questo non credo che questo governo abbia dato dimostrazione pratica di volere a 360 gradi, e in tutte le direzioni, contrastare il fenomeno mafioso”.

La replica di Nino Di Matteo a Grasso è arrivata durante di una conferenza stampa organizzata al palazzo di giustizia di Palermo per illustrare una proposta di legge della Fondazione Progetto e Legalità. A quasi 20 anni dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio la fondazione ha infatti proposto l’approvazione di una legge intitolata a Paolo Borsellino che preveda una maggiore punibilità del reato di voto di scambio politico mafioso. La proposta prende spunto da un incontro con alcuni studenti di Bassano del Grappa che Paolo Borsellino ebbe 1989: in quell’occasione il magistrato ucciso in via d’Amelio il 19 luglio del 1992 manifestò infatti la difficoltà per la magistratura di punire il reato di voto di scambio. “Il ricordo di Falcone e Borsellino – ha commentato sempre Di Matteo – non può essere solo uno sterile esercizio di memoria. Deve essere accompagnata da uno stimolo ad applicare quelle leggi di cui entrambi sentivano il bisogno, soprattutto per reprimere meglio il fenomeno pericolosissimo del patto politico-elettorale-mafioso”.

Nella fattispecie la proposta di legge prevede una modifica estensiva dell’articolo 416 ter del codice penale che disciplina la punibilità del voto di scambio politico mafioso. “Oggi il 416 ter del codice penale è uno strumento inadeguato – ha spiegato Di Matteo – perché punisce solo nel caso in cui il candidato paghi in denaro il sostegno delle cosche. Un’ipotesi molto rara nella pratica. Vorremmo stimolare le forze politiche a punire la stipula del patto anche quando questo patto non prevede l’erogazione di denaro, ma altre utilità come raccomandazioni favori, promesse di appalti. In questo modo si potrebbe fare un vero salto di qualità nella lotta alla mafia che fino ad ora nessun governo fino ha voluto fare”.

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