Alla vigilia del duro confronto elettorale tra Barack Obama e Mitt Romney per la poltrona di Presidente degli Stati Uniti, quello del riconoscimento dei diritti delle persone e delle coppie omosessuali non è più un tabù. Ne parlano entrambi.

Obama rende infatti nota un’opinione che già aveva annunciato quando, nel 2010, aveva ordinato ai suoi pubblici ministeri di interrompere la difesa della costituzionalità del Defense of Marriage Act, la legge voluta da Clinton che vieta il matrimonio same-sex a livello federale. Oggi, la presa di posizione è però ufficiale: Obama è a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, che non qualifica come semplice opzione politica, bensì come diritto individuale fondamentale. Dice Obama: “Penso che coppie dello stesso sesso dovrebbero potersi sposare“.

Posizione nettamente opposta è quella del candidato repubblicano Mitt Romney: costui, accusato tramite il Washington Post di essere stato, durante il college, un bulletto omofobo – vicenda che lui dichiara di non ricordare, e per la quale chiede comunque scusa (qui una sintesi) – ritiene che il matrimonio debba essere solo tra un uomo e una donna. Nondimeno, si registra da parte sua una sorprendente apertura nei confronti delle adozioni da parte di genitori dello stesso sesso. Talmente sorprendente dall’indurre lo stesso Romney a negarla e a precisare che in verità si riferiva a una realtà già esistente (come riferisce Huffington Post).

Alla Presidenza francese il candidato socialista François Hollande è arrivato dopo aver dichiarato in campagna elettorale di voler introdurre matrimonio e adozione per le coppie omosessuali.

E noi? Da noi c’è qualche candidato che abbia fatto proprie le considerazioni di Obama o di Hollande, promuovendo il proprio partito come un partito progressista, quello che si augura che il nostro Paese ricominci a camminare non solo nell’economia, ma anche nei diritti delle persone? C’è un segretario di partito che, nel nostro Paese, abbia il coraggio di rilevare che esiste una grave lacuna legislativa, che ha un impatto negativo sulla vita delle persone e pesa come un macigno sulla libertà, essenziale per vivere un’esistenza dignitosa, di esprimere se stessi e amare a prescindere dal proprio orientamento sessuale? C’è qualche leader o parlamentare che si dichiari convinto che il problema sia ineluttabile, come effettivamente è?

No.

Ieri il segretario del Partito Democratico se n’è uscito con l’ennesima panzana: “Terrei fuori dal dibattito la parola matrimonio, che da noi comporta una discussione di natura costituzionale, al contrario di altri paesi. Tuttavia dobbiamo dare dignità e presidio giuridico alle convivenze stabili tra omosessuali perché il tema non può essere lasciato al far west”.

E’ apprezzabile il passaggio dal nulla cosmico al riconoscimento della necessità di dare “dignità” alle convivente omosessuali. Ma a Bersani va detto che quello del riconoscimento non è un’opzione politica, o almeno non lo è più oggi con quasi metà degli Stati del Consiglio d’Europa che hanno legiferato sul punto. Esso è invece un dovere costituzionale sul quale non deve esserci una discussione sul se, ma soltanto sul come.

E questo come passa per forza di cose attraverso il matrimonio, se non altro per una questione di uguaglianza delle persone a prescindere dal loro orientamento sessuale.

Inoltre, il matrimonio same-sex non impone affatto una discussione di natura costituzionale. Ma anche se fosse, perchè sul pareggio di bilancio c’è stata la piena disponibilità del Partito mentre qui il rifiuto è totale? Diciamola tutta: il Pd è contrario al matrimonio same-sex. Che lo si dica esplicitamente.

I gay e le lesbiche aderenti al Pd o simpatizzanti se ne faranno una ragione. E destineranno i loro voti verso altre forze politiche.

Quali siano queste forze, però, al momento mi sfugge.

 

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