“‘Pagare le tasse è un dovere’, dice il ministro Severino – riporta l’occhiello della prima pagina del Fatto Quotidiano, e  precisa – Ma è un dovere anche non buttare i soldi finanziando sperperi e caste”. Come quella di molta stampa italiota e dunque dei giornalisti salvaguardati & protetti che possono permettersi di continuare a sparare ovvietà a dritta e a manca.

Come nel caso della Re/pubblica di ieri che ha pubblicato un’intervista di cotal Paolo Griseri, il quale si è scomodato per andare a intervistare Renato Curcio al Salone del libro di Torino, per rivolgergli domande di prammatica sulla gambizzazione di Adinolfi & via discorrendo.

Questa storia che basti l’esplosione di un petardo per correre da Curcio a chiedergli il percome e il perché, credo affligga René da quando uscì di galera nel lontano 1993. Senza sconti di pena, dato che Curcio – a differenza di molti altri noti che, dopo aver lanciato sassi, hanno puntualmente ritirato le mani, divenendo subito dopo gazzettieri & sottopance di Caimani & affini – si è assunto tutte le sue responsabilità e ha pareggiato il suo conto con la giustizia con 19 anni di reclusione dura & pura.

Tornando all’articolazzo del giornalaio di Re/pubblica, vale la pena di riportarne l’incipit: “Nel mondo in cui i correttori automatici non riconoscono il suo cognome, Renato Curcio se ne sta dentro uno stand del Salone del libro di Torino come un piccolo editore qualsiasi…”.

Come dire, visto & considerato che ormai non ti conosce più nessuno – per il giornalista italiota medio una notorietà da gossip è la conditio sine qua non per essere presi in considerazione, che è poi lo stesso meccanismo in base al quale Santoro si intestardisce a invitare nel suo Servizio Pubblico la Musso/lini, la Santan/ché, e il Tre/monti – e dunque caro Curcio considerati miracolato se il quotidian da Scalfari fondato si degna di intervistarti… e via con le solite, supponenti supposizioni come la seguente:

D. :”Possibile, Curcio, che le notizie di questi giorni non le facciano effetto?

R.:” Non sono queste le notizie che mi fanno effetto. O meglio non sono queste le cose principali che accadono in questo paese”!

E via di questo passo fino a quando René, dopo aver tentato di mettere invano taluni puntini sulle “i”, si vede costretto a concludere l’intervista così: “Diciamo che non ci siamo mai parlati e che gradirei che questa conversazione non venisse pubblicata. Non ho niente da dire”.

Ma il giornalaio la conversazione con quest’illustre sconosciuto l’ha pubblicata ugualmente, il che mi ha indotto ad acquistare per una volta un quotidiano sovvenzionato, che di norma mi guardo dal leggere persino quando lo intercetto stropicciato nella sala d’attesa del medico delle Asl.

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