Sono state ”tracce di città disgregata” quelle che hanno deluso Maurizio Cevenini, il consigliere regionale del Pd che si è tolto la vita gettandosi dal Palazzo della Regione a Bologna. E’ quanto ha sostenuto il vescovo ausiliare emerito monsignor Ernesto Vecchi nella sua omelia, nella messa funebre che si è svolta nella Basilica di San Francesco.

Secondo Vecchi, Cevenini “aveva saputo creare un rapporto semplice e immediato con la gente, grazie ad una straordinaria capacità di relazione a 360 gradi, non ha trovato la possibilità di agganciare questo genuino respiro della democrazia con gli apparati del potere, che ancora troppo spesso rispondono a logiche autoreferenziali, lontano dai reali bisogni della gente”.

Vecchi ha citato anche un celebre verso di Dante sul tema del suicidio, “libertà va cercando, chè sì cara come sa chi per lei vita rifiuta. In questi versi – ha detto Vecchi – sta la motivazione più intima del suo gesto estremo. Maurizio cercava la libertà dello spirito, la libertà della volontà, la volontà di perseguire il bene”.

Nella sua omelia Vecchi ha duramente condannato il gesto del suicidio, definito “contrario al giusto amore di sé e un’offesa all’amore del prossimo”, ma “gravi disturbi psichici, l’angoscia o il timore grave della prova, possono attenuare la responsabilità del suicida. Pertanto non si deve disperare della salvezza eterna”.

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