L’Australia si è avvicinata di un passo al Sudafrica dell’Apartheid? E’quanto è stato suggerito dalla stampa alternativa australiana, dopo che ai primi di marzo il parlamento ha approvato in sordina un prolungamento di dieci anni e un inasprimento a leggi già definite razziste dalle Nazioni Unite. Sarà ora il Senato, a maggio, che deciderà se avvallare il tutto. Ma il solo fatto che governo e opposizione siano in perfetto accordo nel dare il via libera a questo piano chiamato senza ombra d’ironia “Stronger Futures” e che i media australiani ne abbiano parlato poco o niente, solleva dubbi sulla trasparenza dell’operazione.

Era stato il primo ministro conservatore John Howard, allertato da numerose segnalazioni di consumo “sfrenato” di alcol e droga, e di sospetti abusi su minori, ad introdurre misure restrittive nei confronti degli aborigeni, in particolare nel Territorio del Nord. Il governo aveva inviato l’esercito tra gli aborigeni e aveva scritto un rapporto, “Little children are sacred”, che sarebbe poi diventato la base sulla quale formulare l’Intervention, le leggi speciali che avrebbero dovuto risanare le comunità dalle droghe e dalla presunta pedofilia (nessun caso è stato finora accertato).

Secondo un rapporto dell’Onu, l’Intervention , introdotta da Howard in campagna elettorale nel 2007 e riconfermata dal premier laburista Kevin Rudd eletto pochi mesi dopo, rappresenta un’ovvia violazione dei diritti umani , in quanto prescrive leggi per gli aborigeni che non si applicano ai bianchi. Un esempio? Essere aborigeno in Australia, oggi significa che una sola lattina di birra bevuta in terre aborigene ti fa rischiare sei mesi di prigione (con 6 birre i mesi sono 18). In cella finisci anche se hai materiale pornografico in casa, e la polizia non ha bisogno di mandato per entrare in casa di un aborigeno. Il governo può cacciarti via dalle tue terre tradizionali e costringerti a vivere in città; può trattenere i soldi del sussidio se i tuoi figli perdono giorni di scuola, può umiliarti obbigandoti a far la spesa solo nei negozi autorizzati, spesso a decine e decine di chilometri dal tuo villaggio. E i tuoi bambini non hanno diritto di avere la madrelingua aborigena inserita tra le discipline scolastiche.

Quali sono i benefici di queste misure draconiane? Secondo i dati del Dipartimento di Giustizia del Territorio del Nord, dall’inizio dell’Intervention la presenza degli aborigeni in carcere è aumentata del 30 per cento. In un altro rapporto del governo, “Closing the gap monitoring report”, si legge che i tentativi di suicidio in carcere sono raddoppiati, mentre i casi di bambini tolti alle proprie famiglie sono saliti del 35 per cento. Non solo. Nel 2010 un delegato delle Nazioni Unite inviato in Australia, James Anaya, aveva bollato le misure imposte dal governo come “razziste e discriminanti nei confronti degli aborigeni”. Eppure nulla è cambiato. Anzi, andando contro le raccomandazioni dell’Onu, il governo australiano ora vuole prolungare e inasprire la durata delle leggi speciali, estendedole anche agli aborigeni che vivono in aree urbane.

Secondo Paddy Gibson, uno dei promotori della campagna Stop the Intervention, “il governo vuole arrivare ad una assimilazione forzata degli aborigeni nella società bianca”. Damien Curtis, che ha girato un documentario proprio sugli effetti devastanti delle politiche del governo sulle comunità aborigene, ha inziato una raccolta firme per convincere il Senato a fermare Stronger Futures. Dice: “La campagna “Stand for freedom”  ha già raccolto 33mila firme in poco più di tre settimane, contiamo di arrivare a 100mila entro la fine di maggio. Non so se riusciremo a bloccare la legge, ma abbiamo trovato avvocati disposti a dar battaglia legale”.

Un anziano capoclan del deserto ha rivolto, attraverso un video girato dal gruppo anti Intervention “Concerned Australian”, un accorato appello al mondo. “Non ne possiamo più di questa costante oppressione. Ci hanno tolto la possibilità di essere padroni della nostra vita. Chiediamo alla comunità internazionale di obbligare l’Australia a rispondere dei crimini che commette trattandoci in questo modo inumano”.

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