Spesso neppure ce ne accorgiamo perché rispetto ai salassi di luce o gas, il costo dell’acqua rimane poca cosa. Eppure, come emerge dall’ultimo rapporto di Cittadinanzattiva, ogni anno la bolletta idrica pesa un po’ di più sulle nostre tasche. Goccia dopo goccia il rincaro ha raggiunto il 25% negli ultimi 5 anni con un balzo di quasi il 6% solo nel 2011. Una famiglia di tre persone paga oggi in media 290 euro l’anno, 16 euro in più di un anno fa e 67 euro più del 2007.

Le tariffe salgono quasi ovunque ma le differenze da città a città sono marcate sia in termini assoluti (si va dai 474 euro di Firenze ai 110 di Isernia) sia in termini di entità degli aumenti. La bastonata più forte l’hanno ricevuta ad esempio gli abitanti di Lecco che si sono trovati a pagare l’80% in più solo nell’ultimo anno e il 126% nel quinquennio. Seguono Benevento e Massa Carrara dove tra il 2007 e il 2011 le bollette sono lievitate dell’80 e del 64%. Più in generale sono ben 40 i capoluoghi che hanno subito aumenti superiori al 30% mentre risultano appena 6 su 117 quelli dove il costo dell’acqua è diminuito. Si tratta di Trento, Cremona, Avellino, Chieti e Agrigento (dove però la bolletta è di 445 euro, tra le più alte d’Italia).

Visto che la quantità di acqua a diposizione è sempre la stessa e i consumi non hanno subito significative variazioni si potrebbe sperare che gli aumenti siano almeno serviti per migliorare il servizio. Niente di più sbagliato. Salvo rare eccezioni gli oltre 330 mila chilometri di rete idrica italiana rimangono un colabrodo dove per ogni 100 litri immessi solo 68 arrivano ai rubinetti degli utenti. Per di più negli ultimi cinque anni la dispersione idrica è aumentata in 47 delle 88 città esaminate e in centri come Cosenza o Campobasso si colloca intorno al 70%.

“La verità è che gli aumenti sono serviti ai comuni unicamente per fare cassa e gli investimenti nessuno li ha visti” spiega il vicesegretario generale di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso. In alcuni casi sono stati persino caricati in bolletta oneri di depurazione senza che venissero costruiti i depuratori. “Il problema, aggiunge, è che per ora il settore è ancora privo di una vera autorità di controllo e ognuno fa un po’ quel che vuole. Finché questa situazione non cambia gli aumenti continueranno e gli investimenti non si faranno ” Come emerge dall’indagine, pubblico o privato fa poca differenza. Anzi, se nelle gestioni pubbliche i rincari sono un’eventualità quando ci sono di mezzo i privati diventano la regola. Valga l’esempio della Toscana, dove la presenza di privati nella gestione del servizio è più forte che altrove e le tariffe sono da tempo le più alte d’Italia.

A Firenze, Arezzo, Pistoia, Grosseto o Prato le bollette superano i 460 euro e sono aumentate in 5 anni di circa il 30% nonostante il livello di dispersione sia rimasto uguale o addirittura peggiorato. Esistono anche isole felici dove l’acqua costa poco e il servizio è efficiente. Valga l’esempio di Cremona, Trento o Milano. Nel capoluogo lombardo il servizio è in mano pubblica, quasi tutta l’acqua arriva a destinazione e la bolletta di 123 euro rimane tra le più basse d’Italia.

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