Capisco bene che in un paese come il nostro, continuamente sopra le righe e sull’orlo del precipizio, il rispetto delle regole sia esercizio sempre più arduo e sacrificante, non solo per cittadini di buona fede. Capisco pure che, se vogliamo, proprio il senso civico e l’etica del rispetto vengano in larga parte traditi, disattesi, proprio perché vissuti con insofferenza in un paese di furbi, evasori e cricche. E così la Categoria delle Regole, non più senso pleonastico dell’inverso confermato nell’eccezione, diventa accusa in parlamento, nella società civile come allo stadio.

E allora, sull’onda dell’ultimo scudetto, capita pure che una splendida vittoria come quella dei ragazzi di Antonio Conte, fornisca l’alibi allo staff della Juventus per riformare (non più sub judice) regole e palmares di trofei sfoggiati in bacheca: non sarebbero più 28, come Albo d’Oro Figc disciplina, bensì 30 gli scudetti nella gloriosa storia bianconera. Annuncia Andrea Agnelli: “Sulle magliette del prossimo anno, i tifosi della Juve avranno delle belle sorprese”. Echeggia Luca Cordero Montezemolo:Terza stella? Fossi la Juve la metterei”.

Tutti conosciamo la storia di Calciopoli e dei scudetti festeggiati, revocati e (uno) riassegnato. Così come tutti sappiamo della piega assunta da giustizia ordinaria e sportiva, con relative polemiche, intercettazioni e Calciopoli-bis. Però il fatto è che se dovesse passare il teorema ‘Juventus Terza Stella’ (scavalcando ad arbitraria interpretazione le regole Figc, alias violazione ‘morale’ della clausola compromissoria), si creerebbe un precedente talmente imbarazzante, da dare libero sfogo a un effetto domino di rivendicazioni calcistiche non più controllabili né prescrivibili, tali da irridere perfino il riconoscimento (aggiudicato seguendo regole come titolo onorifico nel 2002) dello scudetto di guerra dei Vigili del Fuoco di La Spezia del 1944.

Già mi immagino le proteste dei tifosi di quell’altra parte d’Italia che non tifa Juve. Partiamo, anzi restiamo, proprio a Torino: come la mettiamo con lo scudetto revocato ai granata nel lontano 1927 per il caso Allemandi? Quando, ancora oggi, la storiografia racconta di un’operazione inquirente frettolosa, lacunosa e farraginosa, non solo nel paniere probatorio? E come la mettiamo con lo scudetto della Grande Guerra del 1915, vacante per quattro anni e poi assegnato d’imperio al Genoa senza l’esito del girone finale di Prima Categoria? E con il campionato regionale del 1919 vinto dal Legnano e quello del 1922 aggiudicato dalla Novese? E con l’equiparazione dei titoli del cosiddetto calcio ginnastico, cioè dei primi tornei di foot-ball di fine ‘800 della Federazione Ginnastica Nazionale Italiana (non c’era la Figc), vinti da Udinese, Milan e Verona? E con l’assegnazione all’Inter 2006, sfoggiata pure sul petto?

Se poi invece, come argomenta e consolida Andrea Agnelli sostenendo che (in fine dei conti) “anche la Procura di Napoli ha detto che il campionato 2004/05 non è stato alterato e quello 2005/06 non è stato investigato”, come la mettiamo col revisionismo sugli esiti dei più clamorosi casi di illecito sportivo (dal Totonero in poi), se ancora oggi si insinua (con più testimonianze) su Bologna-Juve 1979/80, Genoa-Inter 1982/83 e Roma-Dundee 1984? (solo per citare gare di club all’epoca non penalizzati, a differenza di altri).

Arrivo al sodo. Non facciamone un discorso di morale, né di campanilismo. Ma solo di regole condivise e supremazia nell’uniformità dell’istituto ‘controllo e controllore’. Della garanzia di un universo mondo che, piaccia o meno, viviamo insieme, cercando di differenziarlo dalla giungla. Decidiamoci, una volta per tutte: è giusto relegare a storiografia calcistica e scrittori d’inchiesta l’arduo compito di sconfinare tra la polvere degli angoli più reconditi del nostro passato pallonaro? Oppure, l’ingrato compito revisionista, può – tranchant – essere assunto da questo o da quell’altro dirigente ‘privato’, portatore di interessi ‘privati’? Per fortuna che, in archivio il campionato, sono in arrivo i deferimenti per Scommessopoli…

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