Sri Nisargadatta Maharaj, al secolo Maruti Kampli (Bombay, 17 aprile, 1897-8 settembre 1981) è stato un maestro spirituale indiano. Illetterato, crebbe nella suburra di Bombay, dove aprì un piccolo negozio di tabacchi che ebbe una discreta fortuna. Quando aveva da poco varcato i trentanni, conobbe Sri Siddharameshwar Maharaj (da cui prese il cognome). Sotto la sua guida intraprese una disciplina che gli fece provare esplosive esperienze mistiche.

Alcuni libri: “Io sono Quello”, “Alla sorgente dell’Essere”, “Nessuno nasce, nessuno muore”.

Un estratto del suo pensiero:

Quando non chiedi niente né al mondo né a Dio, quando non vuoi nulla, non cerchi nulla, non attendi nulla, allora lo Stato Supremo verrà da te inaspettatamente, senza che tu l’abbia invitato! 
Il desiderio di verità è il migliore fra tutti, ma è pur sempre un desiderio. Tutti i desideri devono essere abbandonati perché la Realtà affiori. Ricordati che tu sei.

Ecco il tuo capitale con cui puoi lavorare. Fallo circolare e ne trarrai notevole profitto.
Quando incontri il dolore, la sofferenza, stai lì, non andartene. Non precipitarti ad agire. Non sono né il sapere né l’azione che possono veramente aiutare. Stai insieme al dolore e metti a nudo le sue radici. Il mondo è appeso al filo della coscienza: se non c’è la coscienza non c’è nemmeno il mondo. Quando ti rendi conto che il mondo è una tua proiezione, sei libero dal mondo.


L’uomo realizzato sa quello che gli altri conoscono per sentito dire, ma non hanno mai sperimentato direttamente. Ogni cosa esiste nella mente; anche il corpo è l’insieme di un’infinità di percezioni sensoriali che si integrano nella mente, e ogni percezione è uno stato mentale…Sia la mente che il corpo sono stati intermittenti. Il sommarsi di questi momenti di percezione crea l’illusione dell’esistenza.
 La mente non può sapere quello che c’è aldilà della mente, ma quello che sta aldilà della mente conosce la mente.


La fine del dolore non è nel piacere. Quando ti rendi conto di essere aldilà del piacere e del dolore, in disparte ed inattaccabile, allora smetti di inseguire la felicità e se ne va anche il dolore che ne consegue. Perché il dolore anela al piacere e il piacere finisce inesorabilmente nel dolore. 
La sofferenza è interamente dovuta al fatto che ci attacchiamo a qualcosa oppure facciamo resistenza a qualcos’altro; è segno che non abbiamo voglia di muoverci, di fluire con la vita”.

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