A Verona, la vittoria di Flavio Tosi al primo turno è lo scenario favorito dai bookmakers politici per il voto del 7 maggio, quando si sfideranno sette candidati sindaci e oltre 2mila aspiranti consiglieri comunali e circoscrizionali. Ma all’ombra dell’Arena non si gioca solo una partita locale, seppur importante. Anzi, le urne scaligere saranno vivisezionate perché rappresenteranno la fotografia del mutamento in atto nel panorama politico italiano. E le visite dei big della politica nazionale ne sono la conferma.

Quattro le questioni aperte: la prima è se l’attuale sindaco riuscirà a scollinare il 50 per cento dei consensi già al primo turno; la seconda riguarda il Pdl scaricato dalla Lega: sopravviverà a sé stesso, o sarà semplicemente una sigla vuota? La terza è il progetto “moderato” di Tosi, che ha cannibalizzato metà del centrodestra portandolo con sé: sarà un contenitore politico che andrà oltre il Carroccio ed esportabile oltre le mura scaligere? La quarta chiama in causa proprio la Lega Nord: nell’era post Belsito, cosa resta del partito nel nordest?

Tosi sa che il suo partito probabilmente pagherà dazio, in termini elettorali, per le disavventure dei dirigenti padani in questi mesi. Ma confida nella memoria lunga dei veronesi (il ‘Tosi contro Berlusconi e Bossi‘ è un must in riva all’Adige) e sul fatto che in questa campagna elettorale il partito è scomparso dai radar della politica locale. Qualche spot e niente più. A Verona, Lega Nord uguale Tosi. Il quale per evitare danni dall’implosione del Carroccio si è tutelato con una lista civica che porta il suo nome. Il travaso di voti è assicurato, ma il beneficiario resta ancora e solo il delfino di Maroni. Che è riuscito a incassare la fiducia perfino degli animalisti dell’Enpa, lui che è un cacciatore incallito.

Si annunciano tempi duri, quindi, per gli avversari di Tosi. Anche se i principali candidati (Michele Bertucco per il centrosinistra e Luigi Castelletti per Pdl/Terzo polo) si sono scatenati in campagna elettorale nel denunciare il “cerchio magico” dello stesso primo cittadino: un sistema di potere costruito in 5 anni di governo, dove gli appalti più importanti sono spesso stati vinti dalle stesse aziende; dove nelle municipalizzate sono stati piazzati amici o parenti di amici come premio di fedeltà al capo; dove i rapporti con la finanza (vedi Paolo Biasi della Fondazione Cariverona) e con la Chiesa (vedi il vescovo Giuseppe Zenti) sono stati gestiti, con vantaggi reciproci, direttamente da Tosi.

Da par sua, il primo cittadino ha perso il tradizione aplomb solo in seguito alle polemiche suscitate da un articolo de l’Espresso, che ha denunciato come una “anonima trafori” abbia in mano l’appalto del secolo a Verona: il traforo e la mediana nord, per una valore di 802 milioni di euro più iva. L’articolo deplorava l’eccesso di fiduciarie che controllerebbero le società appaltatrici. Tosi ha incassato male il colpo, replicando: “Basta con questo fango. E’ un modo schifoso di fare campagna elettorale”. Si è, tuttavia, subito ricomposto, promettendo ai suoi elettori altre mirabilie per i prossimi 5 anni.

Ma Tosi sarà davvero l’amuleto del Carroccio? Il suo probabile successo a Verona riuscirà a tamponare la frana del partito, ad esempio, negli altri 86 comuni (12 dei quali con più di 15mila abitanti) che andranno alle urne in Veneto il 6 e 7 maggio? Nel 2010 la Lega Nord, in occasione delle elezioni regionali che portarono al trionfo di Luca Zaia, superò il 35 per cento dei consensi. Primo partito della regione. Percentuali da fantascienza oggi, quando è in calo perfino il numero di militanti che rinnovano la tessera di partito. Alle urne andranno due eserciti leghisti distinti: quello ortodosso di Bossi e della sua cerchia e quello barbaro dell’accoppiata Maroni-Tosi. In Consiglio regionale i fedeli delle due fazioni sono quasi venuti alle mani. I consiglieri bossiani Santino Bozza e Giovanni Furlanetto sono arrivati a minacciare Maroni: se ti presenti qui da noi ti prendiamo a calci nel sedere. Solo per accennare al clima da rissa che si respira sotto la bandiera del leone di San Marco.

Il 3 giugno è previsto il congresso della Liga Veneta. Segretario uscente il trevigiano Gian Paolo Gobbo, bossiano inox. Al momento, la marea maroniana sembra aver travolto le province di Verona, Treviso e Vicenza. Ma ha trovato una diga robusta a Padova. Domenica 29 aprile si è svolto il congresso locale del partito. Vittoria inattesa di Roberto Marcato, candidato bossiano voluto dal sindaco di Cittadella Massimo Bitonci. Il quale a caldo ha lanciato una dichiarazione di guerra al suo collega di Verona, nonché candidato in pectore per la segreteria regionale: “Con questa elezione è stato ribaltato lo strapotere di Tosi, i militanti padovani non vogliono essere subalterni a Verona”. Un voto contro la “Lega dorotea e fighetta” rappresentata dal primo cittadino scaligero.

Per il post amministrative, è quindi assicurata una guerra per bande. Si rispolvera il venetismo delle origini come argine anche ai maroniani lombardi. Il rischio è l’implosione politica della Lega Nord. E sui muri e su alcuni ponti del Veneto sono comparse scritte che mandano in cortocircuito 30 anni di certezze politiche: “Lega Ladrona, il Veneto non perdona”.

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