E alla fine arrivarono gli attacchi diretti. “Le 21 case di Doria” ha scritto “Il Giornale” il 25 aprile scorso. Su uno dei manifestini attaccati sui vetri degli autobus, Enrico Musso, candidato sindaco del Terzo Polo, ha scritto “Che cosa vuole aumentare Marco Doria? Le basse, le casse o le tasse?”. Si chiude quindi con un’aggressività insolita la campagna elettorale per le amministrative genovesi. Con un Marco Doria partito forte come il nuovo Pisapia, ma che rischia di ottenere, se la otterrà, una vittoria sofferta e risicata.

Cominciamo dalle spine esterne. Enrico Musso, senatore, suo principale avversario non è un esponente del Pdl. Non più dal 2010, quando abbandonò il gruppo al Senato per aver votato più volte in dissenso con il suo partito, soprattutto sul processo breve. Membro del rinato Partito Liberale Italiano, la sua corsa è sostenuta dal Terzo Polo, che però presenta i suoi candidati all’interno di un’unica lista civica. Diversamente dai due candidati di Pdl e Lega, Pierluigi Vinai ed Edoardo Rixi, impegnati nel gridare la loro contrarietà all’Imu e alle politiche economiche di Monti, lui non fa mistero di essere un forte sostenitore del governo dei professori: soprannominato il “Monti genovese”, quando ha presentato la sua lista di consiglieri l’ha definita una “squadra di tecnici” e in uno suo spot elettorale, parlando di spesa pubblica, ha parlato di una razionalizzazione “come sta facendo il governo nazionale”.

Dopo una prima fase di fair play nei confronti del suo collega di università (gli studi di Musso e Doria distano pochi metri all’interno della facoltà di Economia) è partito all’attacco. Sulla questione del patrimonio di Doria. Troppo ricco per un “comunista” di sangue blu, anche se diseredato dal nonno. Sulla questione delle tasse, visto che Doria ha parlato della necessità di mantenere un alto livello di servizi “anche aumentando le imposte” il giorno dopo la vittoria delle primarie. E infine, sui politici nazionali: “Per me i big non sono né Vendola nè Alfano (passato in città a sostenere Vinai), ma solo i genovesi”. Per rimanere coerente con questo, ha disertato il comizio di Lorenzo Cesa.

Ma i dolori per Doria non finiscono qua. Siamo pur sempre nella città di Beppe Grillo. E se fino a qualche anno fa si parlava di lui come di quello “che ha la villa a Sant’Ilario”, adesso di fronte agli scandali e alla questione Grandi Opere, tutto ciò è passato in secondo piano. Alcuni sondaggi che circolano in questi giorni danno il Movimento 5 Stelle molto vicino alla doppia cifra. Più avanti della Lega Nord. A un’incollatura dal Pdl. E tutto “spendendo solo 6500 euro per la campagna elettorale”. Il candidato sindaco Paolo Putti racconta che “comunque vada sarà un successo. Un gruppo di persone è tornato a interessarsi di politica attiva e di pretendere che i politici facciano i nostri interessi anziché l’interesse di pochi gruppi di potere”.

L’influenza del movimento è destinata a crescere e su una cosa non vogliono arretrare di un passo: ovviamente, le Grandi Opere, Terzo Valico ferroviario e Gronda autostradale. Putti è categorico: “In sintesi, sono interventi inutili, costosissimi e dannosi. Bisogna capire che del territorio è meglio usufruirne anziché consumarlo. Ci sono però altre questioni irrinunciabili come l’acqua pubblica e la green economy sulle quali non faremo sconti alla prossima giunta”. Neanche a una giunta Doria? No, dice Putti: “A parte che non faremo alcuna alleanza o apparentamento, se la prossima giunta farà iniziative che vanno nella direzione da noi auspicata la sosterremo caso per caso. Sennò, opposizione dura”.

E dulcis in fundo, il rapporto non sempre facile tra l’indipendente di sinistra Marco Doria e il Partito Democratico. Un esponente moderato come l’ex sindaco Giuseppe Pericu non si è fatto vedere accanto a Doria, preferendo sostenere solo candidati locali o addirittura candidati sindaci di altre città (nella fattispecie, il candidato del centrosinistra al comune di Chiavari Giorgio Getto Viarengo). Per tutta risposta, Doria non si è fatto vedere né al comizio di Massimo D’Alema, né a quello di Rosy Bindi. Non si è sottratto però alla chiusura di campagna elettorale con Pierluigi Bersani. Rifiutare troppi sostegni del resto, potrebbe far rimanere il centrosinistra sotto l’asticella del 50% al primo turno. E a Genova non accade dal 1997. All’epoca, Mario Monti era un commissario europeo e Beppe Grillo solo un comico.

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