Far sì che gli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione avvengano a prezzi standard di mercato: è il compito affidato a Enrico Bondi. Ed è un compito improbo perché le stazioni appaltanti in Italia sono circa 20mila. Soprattutto, però, la nomina del commissario è la conferma che si è sbagliato in passato, quando sono stati eliminati i sistemi di controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti. Una scelta che andrebbe ripensata, almeno per quei territori dove le inefficienze sono più evidenti e frequenti.

di Luigi Oliveri* (lavoce.info)

L’incarico assegnato a Enrico Bondi, fare in modo che gli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione avvengano a prezzi standard di mercato, è la conferma di scelte sbagliate del passato, cioè l’aver sostanzialmente eliminato sistemi di controllo preventivo di legittimità sugli atti degli enti.

 Un uomo solo al controllo

A ben vedere, la bozza di decreto-legge che definisce i poteri del super-tecnico Bondi, non ha molto di particolarmente innovativo. I punti focali del decreto sono due. Il primo riguarderà il potere del commissario “di definire, per voci di costo, il livello della spesa per acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche”. È un déjà vu. Norme simili ve ne sono già tantissime e la capostipite più rilevante la reperiamo nella legge 537/1993, la prima legge finanziaria del primo governo Berlusconi, che all’articolo 6, comma 6, contiene una norma pienamente rientrante nella categoria delle pie intenzioni, mai realizzate: “Per orientare le pubbliche amministrazioni nell’individuazione del miglior prezzo di mercato, l’Istituto nazionale di statistica (Istat), avvalendosi, ove necessario, delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, cura la rilevazione e la elaborazione dei prezzi del mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni, provvedendo alla comparazione, su base statistica, tra questi ultimi e i prezzi di mercato. Gli elenchi dei prezzi rilevati sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, per la prima volta entro il 31 marzo 1995 e successivamente, con cadenza almeno semestrale, entro il 30 giugno e il 31 dicembre di ciascun anno”.

Il secondo caposaldo dell’attività di Enrico Bondi sarà l’esercizio di poteri ispettivi e di controllo nei riguardi di tutte le pubbliche amministrazioni, che potrà giungere addirittura fino alla sospensione, revoca o annullamento delle procedure d’acquisto, anche solo per ragioni di opportunità.

Entrambi gli elementi fondamentali della funzione del supertecnico confermano che il problema dell’eccessivo costo degli approvvigionamenti pubblici discende esattamente dalla mancanza di controlli sull’operato delle stazioni appaltanti.

Giusto, allora, immaginare un potere speciale che sia realmente capace di orientare gli acquisti con costi standard e di verificarne il rispetto. Pare, però, troppo ambizioso immaginare che a questo immane compito possa adempiere un ufficio così ristretto e accentrato come quello assegnato a Bondi, che dovrebbe riuscire dove hanno fallito l’Istat, l’Osservatorio nazionale e quelli regionali, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e l’altra pletora di enti soggetti e organismi di volta in volta chiamati a vigilare.

Non si deve dimenticare che le stazioni appaltanti in Italia sono circa 20mila. Il compito di un unico commissario sul piano quantitativo appare improbo.

Dai Coreco alla Consip

Da questo punto di vista, la scelta di eliminare i controlli preventivi di legittimità è stata evidentemente perdente. In particolare, enti locali ed enti del sistema sanitario nazionale, un tempo tenuti a inviare ai vituperati Comitati regionali di controllo (Coreco) i provvedimenti di avvio delle gare e successivamente i contratti, per la verifica preventiva della loro legittimità, da oltre venti anni sono stati liberati da queste incombenze, a partire dalla legge 142/1990 e poi, soprattutto, con le riforme Bassanini del 1997.

Certo, i controlli preventivi nel passato non hanno impedito i fenomeni di corruzione e inefficienza, che hanno determinato la crescita dei costi degli approvvigionamenti pubblici. Soprattutto perché i vecchi Coreco avevano un’eccessiva connotazione politica oltre che tecnica. Sistemi di controllo preventivo, affidati a unità indipendenti e solo tecniche potrebbero rendere maggiormente efficace la verifica del pieno rispetto dei parametri di virtuosità negli acquisti.

Il legislatore, soprattutto nell’ultimo decennio, ha provato a rimettere sotto controllo le procedure di gara, spingendo sulle funzioni della Consip, la società controllata dal Tesoro che regolamenta il mercato degli approvvigionamenti, essenzialmente con due modalità. La prima è data dalle “convenzioni”, che altro non sono se non appalti di rilevanti dimensioni, gestiti direttamente dalla Consip stessa che individua il contraente e consente alle amministrazioni di aderire alle convenzioni ai prezzi spuntati dalle gare. La seconda è data dal “mercato elettronico”, un vero e proprio market on-line nel quale gli imprenditori ammessi al sistema inseriscono prodotti e prezzi, liberamente confrontabili per successivi acquisti che si possono effettuare anche mediante procedure di gara on-line. Con le manovre estive del 2011, per esempio, alle amministrazioni pubbliche è stato imposto di avvalersi della Consip come strumento principale per le acquisizioni di beni e servizi o, quanto meno, di utilizzare i prezzi dei contratti come base per le gare gestite autonomamente.

Anche in questo caso, tuttavia, sono mancati i controlli necessari per verificare se realmente le amministrazioni appaltanti adempissero alle indicazioni di legge. Dunque, una vastissima area di acquisizioni di beni e servizi sfugge al sistema della Consip, anche perché, comunque, le tipologie acquisibili con le convenzioni e il mercato elettronico sono ancora limitate e ne restano fuori moltissimi servizi, in particolare quelli sociali o, ad esempio, le strumentazioni da laboratorio per le scuole.

Per consentire un efficace abbassamento dei costi degli approvvigionamenti pubblici più che l’opera di un demiurgo, occorre probabilmente istituire sistemi di controllo esterni e preventivi a livello provinciale, che verifichino prima ancora che i bandi di gara siano pubblicati quanto meno il rispetto dei parametri di prezzo della Consip, nell’attesa della formulazione dei livelli standard della spesa che ci si attende da Bondi. Solo in questo modo si riuscirebbe capillarmente a garantire l’efficienza del sistema. Ma un ripensamento più generale sull’eliminazione dei controlli preventivi andrebbe fatto. Certo, i controlli limitano in parte l’autonomia, in particolare di Regioni ed enti locali, garantita dalla Costituzione. Magari, la reintroduzione dei controlli preventivi potrebbe limitarsi a quei territori e zone nei quali più evidenti e frequenti siano le inefficienze del sistema. Oggettivamente, tuttavia, i poteri e le funzioni del commissario Bondi non è che siano già di per se stesse molto meno limitanti dell’autonomia degli enti.

* E’ Dirigente Coordinatore dell’Area Funzionale Servizi alla Persona e alla Comunità della Provincia di Verona, che raggruppa il Settore Politiche Attive per il Lavoro, i Servizi Turistico-Ricreativi ed i Servizi Socio-Culturali. Collabora dal 1997 al quotidiano economico “Italia Oggi” per gli approfondimenti giuridici delle questioni attinenti agli enti locali. Collabora dal 1999 con “Ancitel s.p.a.”, società dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e dal 2003 con il Centro Studi e Ricerche sulle Autonomie Locali di Savona.

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