Il festival di Perugia è simile a un ritiro spirituale. Eccetto il flusso di stimoli e incontri, il contrario del silenzio. Ma ha la stessa funzione, per chi vuole. Si torna pieni di buoni propositi e ansiosi per la mole di spunti su cui si dovrà lavorare. Perché all’estero, specie nei paesi anglosassoni, lo fanno già.

Funziona così anche se, come la sottoscritta, sei rimasto solo 24 ore. Quest’anno, lontani da quella fetta di giornalisti abituati a snocciolare narcisismo e vanità, insieme a Elisabetta Tola e Guido Romeo (del progetto iData) abbiamo organizzato un panel per importare HacksHackers, meetup partito negli Stati Uniti e poi nel Regno Unito per fare incontrare sviluppatori e giornalisti. Avevo visto di persona come funzionava a novembre dell’anno scorso. Clima informale, birra in mano, un proiettore e tanti pc: cronisti e civic activists che presentano casi di studio in cui un uso ad hoc della tecnologia aveva creato informazione. Dall’altra parte gli hackers introducono software e modalità di problem solving legati al mondo dell’informazione. E’ tecnicamente semplice: la premessa è l’incontro, il motore l’innovazione. 

(video di Francesca Martelli)

Sabato a Perugia erano con noi i due fondatori americani di H&H, Burt Herman, cofondatore di Storify, e Aron Pilhofer, direttore interactive news per The New York Times. Non ci sono linee guida e ogni gruppo, organizzato per città, è a sè. In sintesi “it is what it is”, come ci ha confermato anche una delegazione da Helsinki, che era in sala con noi. Chi si aspetta ulteriori definizioni perde tempo. Bisogna fare. E così è. Elisabetta ha lanciato proprio a Perugia il meetup bolognese, io e Guido ci occuperemo di quello a Milano. Dovremo cercare una sala col wi-fi e qualche fusto di birra, oltre ai partecipanti. Per ora è possibile seguire gli sviluppi su Twitter, ma puntiamo a essere più strutturati a breve. La prima riunione, ci siamo detti, deve essere prima dell’estate.

Al centro di H&H, dal Regno Unito all’Argentina, c’è il data journalism a cui peraltro era dedicata buona parte dei panel e dei workshop a Perugia. E’ la nuova modalità di informazione 2.0, tra  elaborazione dei dati e usabilità per i lettori. ProPublica, che nel 2010 ha vinto il Pulitzer, ha una sezione dedicata e il datablog del Guardian è il punto di riferimento “di settore”. Sembra di annusare un’aria diversa, sperimentale. E molto pratica, a differenza di fiumi di parole autoreferenziali che abbiamo già sentito troppe volte. Il giornalismo 2.0 è molto più dei commenti su facebook o di un fiume di tweets, proviamoci. 

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