Guttuso, De Chirico, Morandi e… Mauro Olivi. Scopri l’intruso, verrebbe da dire, tra gli scantinati in cui sono custodite le opere d’arte della Camera dei Deputati. 4700 tra dipinti, sculture, tappeti, arazzi e busti (di cui 550 in prestito da terzi) che regolarmente vengono acquistati da Montecitorio e spesso tenuti nascosti nelle cantine nonostante valori di mercato che in alcuni casi sfiorano il fuori mercato.

Tra le fatture che l’amministrazione della Camera ha emesso nel 2011, e che con una recente legge devono essere rese pubbliche, il quotidiano Libero ha scoperto quello che da loro è stato definito un “assegnino” di 5 mila euro per una scultura di tal Mauro Olivi.

Nome che nel mondo dell’arte dice poco, ma che nell’ambito politico ha una storia piuttosto solida e di sinistra. Olivi è stato dal 1976 al 1987 deputato dalla repubblica nelle fila dell’ex Pci. Non un parvenu, insomma, delle stanze di Montecitorio. E nemmeno uno sconosciuto nella politica locale. A Bologna, dov’è nato nel 1937, Olivi è stato uno dei più importanti burocrati del comunismo felsineo: consigliere comunale sotto l’ultimo Giuseppe Dozza, poi ancora con Guido Fanti e Renato Zangheri; segretario del Pci bolognese per tre anni proprio quando la compagine di Enrico Berlinguer raccolse le sue vittorie più clamorose tra il 1974 e il 1976. Infine premiato, lui che da operaio veniva dalla storica fabbrica Sasib, con la promozione a presidente della Coop Fornaciai.

Dopo tre legislature Olivi ha maturato un vitalizio da 4700 euro mensili e dagli anni novanta raggiunta la pensione si è dedicato al suo hobby preferito: la scultura. Vincitore dell’edizione 2007 del premio Agape nel castello di San Gaudenzio di Cervesina (con lui premiati la dottoressa Antonia Matarrese come giornalista dell’anno e il cavaliere Pippo Franco come uomo di spettacolo dell’anno, n.d.r.), anche le sue quotazioni sono state pressoché nulle, nel 2011 ha ritrovato la sua statua in bronzo che ritrae l’amato Fausto Coppi tra le opere assolutamente da acquistare ma subito archiviate dal presidente Fini, finendo a far compagnia di un Tintoretto e di un Veronese.

Ieri sera Olivi è stato raggiunto telefonicamente dal programma La Zanzara e se l’è cavata con un insolito e comunistissimo aplomb da politburò anni ottanta: “Che male c’è, se il presidente Fini l’ha ritenuta un’opera meritevole non è colpa mia. Semmai organizziamo un bel repulisti delle cantine della Camera. Recupereremmo opere di inestimabile valore e forniremmo ai giovani qualche posto di lavoro”.

Olivi è anche stato autore nel 2011 del volume Il comunista che mangiava le farfalle (edizioni Pendragon). Nessuna grande rivelazione, se non qualche trametta da fotoromanzo tra le stanze di via della Beverara a Bologna e fra sconosciuti dirigenti di partito. Semmai esilarante l’aneddoto che dà il titolo al libro. Comizio in piazza unitario tra comunisti e socialisti nel 1973. Improvvisamente un’enorme falena gli entra in bocca e gli finisce in gola fino ad impedirgli di parlare: “Continuai e non mi fermai, che bei tempi erano quelli”. 

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