Un anno dopo l’uccisione di Osama bin Laden, e a undici anni dall’inizio del conflitto con i talebani, Barack Obama si è rivolto agli americani “stanchi della guerra” e ha spiegato che gli Stati Uniti hanno “un disegno chiaro” in Afghanistan. Parlando in diretta televisiva dalla base militare di Bagram, al termine di un viaggio a sorpresa in Afghanistan, Obama ha detto che la distruzione di al-Qaida “è ora a portata di mano” e che i soldati USA “non resteranno in Afghanistan un giorno di più di quelli necessari alla sicurezza nazionale americana”. Ma il presidente ha lasciato intendere che il ruolo americano nel Paese non si concluderà con il ritiro delle truppe USA nel 2014, ma continuerà oltre quella data, “perché la guerra finisca e inizi un nuovo capitolo”. A parte qualche vago accenno alla “necessità di formare le forze di sicurezza afgane”, Obama non ha però dato alcun dettaglio concreto sulle unità che resteranno in Afghanistan dopo il 2014, né sui loro reali compiti.

Intanto nel Paese la situazione sembra tutt’altro che sotto controllo. Stamani 5 passanti ed un agente di sicurezza sono rimasti uccisi in un attacco suicida a Kabul da un kamikaze talebano con un’autobomba contro una pensione solitamente utilizzata da impiegati stranieri dell’Unione europea e delle Nazioni unite. Al momento ancora non è chiaro se l’agente ucciso sia afghano o straniero, precisa il portavoce ministeriale Sediq Sediqqi. I talebani afghani hanno rivendicato l’attacco suicida spiegando di aver agito in protesta alla visita in Afghanistan del presidente americano e come ritorsione per la firma dell’accordo strategico tra Obama e Karzai.

Il viaggio lampo di Obama (accuratamente tenuto nascosto e scenograficamente rivelato all’America per tenere l’attenzione puntata sul presidente in campagna elettorale: l’Air Force One è decollato da Washington alle 12.07 della notte di martedì, ed è atterrato quando in Afghanistan era ormai la notte di mercoledì) è stato ufficialmente giustificato con la firma dell’“Enduring Strategic Partnership Agreement” con il presidente afgano Hamid Karzai: un’intesa decennale, frutto di mesi di negoziati, che esclude la presenza di future basi americane in Afghanistan. I soldati Usa continueranno però ad operare nel Paese, in numero più ridotto dopo il 2014, appoggiandosi alle basi afgane e offrendo agli afgani addestramento e aiuto operativo e logistico nella lotta contro al-Qaida. Il governo di Kabul verrà definito “Major Non-Nato Ally”, uno status che renderà più facile l’invio di aiuti militari. L’accordo dà anche al governo afgano il controllo sui prigionieri di guerra e sui raid notturni contro gli insorti (due frequenti temi di scontro e tensioni tra autorità afgane e militari Usa).

Nel discorso pronunciato in diretta televisiva dalla base di Bagram (Obama ha parlato quando in Afghanistan erano ormai le quattro del mattino, con sullo sfondo blindati addobbati con bandiere Usa), il presidente ha apertamente risposto alle critiche di chi, da destra e da sinistra, mette in discussione la sua conduzione della guerra. Ai repubblicani, critici della decisione di fissare una data precisa per il ritiro, ha detto che “gli afgani vogliono esercitare pienamente la propria sovranità, e ciò richiede un piano chiaro per far scemare la guerra”. Ai democratici che vorrebbero lasciare il Paese al più presto, e per sempre, ha risposto che “dobbiamo dare all’Afghanistan l’opportunità di stabilizzarsi, altrimenti i nostri successi andrebbero persi e al-Qaida ritornerebbe”. Nel corso del discorso, Obama ha anche puntigliosamente rivendicato i suoi successi nella “war on terror”: fine della guerra in Iraq, 10mila soldati tornati a casa dall’Afghanistan, altri 24 mila che partiranno in direzione degli Stati Uniti prima dell’estate.

Pur non citando mai direttamente il rivale Mitt Romney, tutto il discorso di Obama – verrebbe da dire: tutto il suo viaggio-lampo – è stato accuratamente studiato in funzione della campagna elettorale. Nelle scorse ore il team di Obama ha messo in onda uno spot televisivo che incensa le qualità di “commander-in-chief” dell’attuale presidente, dipinto come un uomo “deciso”, capace di fare le scelte giuste nei momenti più drammatici, a differenza di Romney che, si lascia intendere nello spot, non avrebbe probabilmente lanciato le truppe scelte Usa alla ricerca di Osama bin Laden (del resto proprio Romney, nel 2007, aveva detto che non valeva la pena “di spendere miliardi di dollari nell’inseguimento di una persona sola”).

Se il presidente ripone particolare fiducia nella possibilità di sfruttare elettoralmente l’uccisione di Osama e il futuro (quasi) ritiro, la realtà del conflitto in Afghanistan consiglia comunque una particolare prudenza. Un recente rapporto del Pentagono mette in rilievo “le sfide acute e a lungo termine” che il conflitto ancora presenta. I talebani e i loro alleati di al-Qaida sono “ancora capaci di operare nella più totale impunità dai loro santuari in Pakistan”. Ciò “e le limitate capacità del governo afgano, rimangono i rischi maggiori nel processo di pacificazione”. Ci sono poi i morti della guerra: 2985 tra le forze Nato, secondo i calcoli di “icasualties.org”, di cui 1957 sono americani. Un’impennata di attentati e vittime, il senso che il conflitto è ben lungi dall’essere chiuso, metterebbe dunque a repentaglio la strategia di Obama per mostrare che c’è un “disegno chiaro” per portare l’America fuori della guerra.

 

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