E dire che a ottobre 2010 c’è stata anche una delibera che ha tagliato i compensi del 10% agli amministratori esecutivi del gruppo. Nonostante questo gli stipendi dei top manager di Iren, tra bonus, incentivi, premi e gettoni vari, stazionano stabilmente sopra quota 400mila euro. Più del presidente Usa Obama che arriva a 300mila euro l’anno. Numeri che fanno a pugni col bilancio della multiutility che gestisce energia elettrica, acqua, gas e rifiuti a Reggio Emilia e Parma, ma anche a Genova, Torino e Piacenza. Un colosso industriale e finanziario con un debito di 2 miliardi e 600 milioni di euro e dividendi che da un anno all’altro sono quasi scomparsi. Sopratutto Iren è controllata da azionisti pubblici che hanno visto il valore delle proprie azioni più che dimezzarsi negli ultimi 12 mesi.

Oggi l’ennesima denuncia, questa volta dai comunisti del Pdci di Reggio Emilia che tentano di riprendere un discorso portato avanti dai cugini di Rifondazione. Nel 2010 il Prc propose addirittura di abbassare gli stipendi di tutti i membri del Cda fino a equiparali con quelli dei consiglieri regionali. La cosa non andò mai in porto, e così oggi il Pdci ci riprova, questa volta partecipando direttamente all’assemblea degli azionisti dopo avere raggranellato lo 0,003% delle azioni. Poco, pochissimo, ma tanto basta per entrare in assemblea e avanzare la proposta di mettere un tetto a retribuzioni che comunque non saranno di certo da fame.

“Nel 2011 i 13 componenti del consiglio di amministrazione e i revisori dei conti hanno incassato da Iren spa 2 milioni e 335mila euro”, spiega  Donato Vena, segretario dei comunisti italiani di Reggio Emilia e fino ad ora noto alle cronache per il fotomontaggio del “cimitero Fornero”. Tredici membri, quelli del cda Iren, tra cui però spiccano in 4: l’amministratore delegato Roberto Garbati (477mila euro l’anno), il direttore generale Andrea Viero (442mila), il presidente esecutivo Roberto Bazzano (497mila) e il vicepresidente Luigi Giuseppe Villani (145mila). “Un milione e 561 mila euro in quattro”, tuona Vena che chiederà il prossimo 14 maggio di abbassare i loro compensi rispettando così la legge Monti che per tutte le cariche pubbliche fissa un limite massimo di 300mila euro annui.

E se Garbati, Viero e Bazzano godono di stipendi da capogiro, per il vicepresidente Giuseppe Villani il discorso è differente. “Villani – spiega Vena – ha dimostrato di avere tanta faccia tosta pari a quella del suo leader nazionale. In questi anni ha sommato lo stipendio come vice presidente di Iren spa a quello di presidente del gruppo consiliare del Popolo della Libertà in regione Emilia Romagna. Un’incompatibilità morale e tecnica che viene sostenuta solo perché la contropartita in gioco è il pagamento di emolumenti e indennità varie, non solo come semplice consigliere regionale ma addirittura da presidente del gruppo che prevede un bonus in più. Villani intasca 145mila euro da Iren e rappresentando Iren come consigliere in altre società. Nemmeno Padre Pio potrebbe fare di meglio nel riuscire ad essere presente in più luoghi contemporaneamente”.

Due anni fa Liana Barbati, consigliere regionale dell’Emilia-Romagna in quota Italia dei Valori, aveva presentato una proposta di legge per stabilire l’incompatibilità tra l’attività politica in regione e eventuali incarichi nelle aziende pubbliche o partecipate. Dopo tutto, commentava all’epoca Barbati, “quello del consigliere è un lavoro a tempo pieno che, se svolto con impegno, dedizione e senso civico, non consente sicuramente di ricoprire altri ruoli all’interno di consigli di amministrazione”. A che punto è l’iter del provvedimento? “E’ tutto fermo in commissione compresa la mia proposta di dimezzare i fondi dei gruppi consiliari  – racconta Barbati –  Bisogna cambiare subito, ma qui tutto si muove lentamente. Viene da pensare che ci sono altre priorità”.

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