La crescita ritorna il leitmotiv della politica europea. E’ diventato l’obiettivo prioritario per l’ortodosso Mario Draghi, come ha ricordato ieri il presidente della Bce, dinanzi all’Europarlamento. E a lui si è subito accodata perfino la rigorista Angela Merkel, che ormai sta elaborando anche qualche proposta concreta al riguardo, assieme a Mario Monti. Sembra che la cancelliera si stia preparando alla probabile vittoria a Parigi di François Hollande, che della rinegoziazione del fiscal compact, il severo patto sul pareggio di bilancio, e proprio del rilancio dell’economia sta facendo i suoi cavalli di battaglia.

Ebbene, tutti d’accordo, finalmente? Non esageriamo. Al di là delle apparenze (e della stessa parola, “crescita”), si nascondono ancora grosse differenze. Una cosa è certa, si sta creando un asse Roma-Berlino in proposito. I collaboratori del premier italiano e di Frau Merkel sarebbero al lavoro per produrre politiche precise che arrivino a stimolare la crescita. Potrebbero arrivare sul tavolo del Consiglio europeo di giugno. Con un’Olanda che ormai cadrà presto nella recessione e in piena crisi politica (possibile un ritorno dei laburisti al potere) e con una Francia data ormai per “spacciata” agli occhi della conservatrice Merkel, alla signora non resta che assicurarsi l’unica sponda possibile per mantenere nelle proprie mani l’iniziativa della politica europea, quella italiana.

Ieri il primo a intervenire sulla crescita, quale nuova priorità, è stato Mario Draghi: ma come centrare l’obiettivo? Per il presidente della Banca centrale europea “bisogna pensare a riforme strutturali. Un consolidamento dei conti attuato solo attraverso l’aumento delle tasse è sicuramente recessivo”. Ha applaudito la Merkel, che ha parlato di “crescita sostenibile”, che “passa attraverso le riforme”. “Quella invocata da Draghi e da Giorgio Napolitano, nel suo discorso – ha precisato stamani Steffen Seibert, il portavoce della cancelliera – non è la crescita che si ottiene con programmi che aumentino il nostro debito. E che non ci possiamo permettere”.

Ieri anche Hollande ha detto la sua, compiacendosi con l’intervento di Draghi e i commenti della Merkel. “In ogni caso, senza la crescita l’Unione europea non potrà uscire dalla crisi”, ha sottolineato. Ha precisato che, se verrà eletto, non vuole necessariamente scontri con la cancelliera “anche se non voglio neppure negare le differenze che ci dividono su certe posizioni”. Lui comunque, di riforme strutturali non ha parlato. Come, ormai, non parla più (a differenza dell’inizio della campagna), di passi importanti (e necessari) per la Francia, vedi mettere mano alle regole che dominano un arcirigido mercato del lavoro. L’approccio di Hollande resta molto francese. E’ keynesiano, come lo è stato perfino quello di Sarkozy, che, con la crisi del 2008, mise subito il piede sull’acceleratore della spesa pubblica. Non sembra che Hollande e la Merkel parlino la stessa lingua sulla crescita. Monti potrebbe svolgere il ruolo del mediatore.

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