Qualcosa in Europa sta cambiando. E non soltanto per la probabile elezione di François Hollande alla presidenza della Francia. Ieri il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi è intervenuto al Parlamento europeo segnando, forse, l’inizio di una nuova fase in Europa. Proprio lui che ha inventato il nome di “fiscal compact” per il trattato intergovernativo che vuole imporre la linea tedesca sui bilanci (deve essere ratificato dai 25 Stati aderenti), ora dice “’Quello che al momento mi è maggiormente presente è avere un patto per la crescita”. Anche perché il risanamento dei conti, così come lo stanno conducendo Italia e Spagna peggiora la recessione. Con parole che potrebbero anche sembrare una critica all’operato di Mario Monti, Draghi ha spiegato: “In condizioni di urgenza e di estrema tensione , è più facile aumentare le tasse che ridurre le spese, e ridurre le spese in conto capitale invece che quelle correnti. Parte dell’effetto recessivo che stiamo vedendo dipende da come il consolidamento è stato attuato”.

In Francia Hollande ne ha subito approfittato e nella sua prima conferenza stampa da potenziale presidente, ha sottolineato come perfino il presidente della Bce “dice che il patto di bilancio deve essere completato da un patto di crescita”. Hollande vorrebbe modificare in questo senso il fiscal compact. Nessuno ha capito esattamente come, il leader socialista per ora si limita a dire che la Francia “deve trovare un equilibrio per i propri conti pubblici entro il 2017”, che la Bce deve pensare anche alla crescita e all’occupazione (ma senza modificare i trattati che la impegnano a occuparsi solo d’inflazione) e che ci devono essere regole contabili che permettono gli investimenti. La Germania ha già detto che il fiscal compact non si tocca, ma il cancelliere Angela Merkel teme l’isolamento definitivo in Europa, sempre più probabile ora che anche l’Olanda, un altro dei Paesi rigoristi, è nel pieno di una crisi politica innescata proprio dalle misure di austerità. Proprio ieri lo staff della cancelliera ha reso noto che ci sono stati contatti con Roma per discutere di misure per la crescita in vista del Consiglio europeo di giugno. “Noi abbiamo bisogno di crescita, crescita basata su iniziative permanenti, non solo su programmi di congiuntura”, ha detto ieri la Merkel, commentando le parole di Draghi.

La questione è delicata: da mesi c’è una tensione fortissima tra Draghi e Berlino, con attacchi senza precedenti del governatore della Bundesbank Jens Weidmann resi noti dalla stampa tedesca. Alla Germania non è piaciuta l’operazione LTRO di Draghi, cioè i 1.000 miliardi di finanziamenti a tre anni dati alle banche europee a tasso agevolato. Per Berlino è una violazione del mandato della Bce e una potenziale fonte di inflazione. Ieri Draghi ha presentato un bilancio non entusiastico dell’operazione: sono scese le tensioni sul settore del credito (cioè le banche non sono fallite per crisi di liquidità diventate di insolvenza), ma la Bce non può interferire su come poi usano i soldi, e quindi non c’è la garanzia che i prestiti vadano a beneficio dell’economia reale. Insomma: il LTRO ha evitato crisi bancarie a catena, ma non basta.

Serve qualche idea forte, il voto francese potrebbe favorire l’uscita dallo stallo di questi mesi (dovuto anche a un Nicolas Sarkozy azzoppato). È cruciale il ruolo di Monti, unico possibile mediatore tra la Germania, la nuova Francia di Hollande o di un Sarkozy influenzato dal Front National e la Bce di Draghi. La ricetta europea del premier è nota: eurobond e mercato unico (liberalizzazioni europee, poco amate dai francesi come dai tedeschi). O Monti riesce a incassare qualche successo concreto al Vertice di giugno, oppure anche la sua strategia europea dovrà essere archiviata tra i suoi obiettivi raggiunti soltanto a metà.
 
Twitter@stefanofeltri

Il Fatto Quotidiano, 26 Aprile 2012

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