Morale, moralista , buono, buonista. Sembra che il senso della parola si rovesci nel suo opposto. Esiste un’idea di morale, che varia di tempo in tempo, da cultura a cultura: i mores sono i costumi. Ma il moralista è sempre un rompiscatole, specialmente se ci ricorda che certi comportamenti sono reati : moralista diventa una squalifica attribuita di volta in volta a Michele Serra, Giorgio Bocca, Enzo Biagi, Curzio Maltese, Marco Travaglio, Marcello Veneziani, Bobbio, Moretti, Gallo, Turoldo, Don Milani, Pertini etc. Se uno dice che il Grande Fratello è uno spettacolo penoso, una gabbia dove dei poveretti si agitano come gladiatori disarmati, la Palombelli bacchetta l’intellettuale col ditino alzato.

Se Berlusconi varca tracotante la frontiera del ridicolo parlando delle gare di burlesque delle sue “invitate” che, in quanto donne sono esibizioniste per natura, c’è sempre un acrobata come Ferrara che fa i salti mortali per esaltare il suo show in tribunale.

E poi c’è l’insulto definitivo: buonista. Un che di dolciastro, buoni sentimenti ingenui se non ipocriti. Ma perché, il cattivismo alla Sgarbi, la perenne provocazione alla Toscani, ripetitivi e prevedibili, sono meglio ?

Mai che si risponda sui contenuti, sui fatti: si squalifica il rompiscatole e si svicola. Formigoni non spiega chi gli paga il ritiro spirituale caraibico a sette stelle di Capodanno? Insegna lui a fare le domande alla povera giornalista incapace. Sarebbe meglio che si concentrasse sulle risposte.

Ce ne vorrebbero di più di moralisti e buonisti, a destra, a sinistra al centro e in Vaticano.

Mi sa che sono anche io un buonista qualunquista moralista. Me ne farò una ragione.

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