New York, Connecticut, Pennsylvania, Delaware e Rhode Island. Come previsto, Mitt Romney si è aggiudicato le primarie nei cinque Stati dove si è votato ieri, e ha compiuto un notevole balzo in avanti, verso la soglia dei 1.144 delegati necessari per ottenere la nomination presidenziale. “Stasera è l’inizio di un’America migliore. Stasera è la fine della deludente era Obama. Il 6 novembre vinceremo”, ha detto Romney ai suoi sostenitori a Manchester, Rhode Island, dopo l’arrivo dei primi dati sul voto. Il discorso post-primarie è stato usato da Romney per attaccare Obama, per sottolineare tutto ciò che lo separa, e differenzia, dal presidente democratico. “Lui ha fallito. Io ho una visione differente dell’America e del futuro. E noi manterremo quella promessa”, ha spiegato Romney.

Le vittorie di ieri sera consentono all’ex-governatore del Massachusetts di prendere il controllo effettivo del Republican National Committee e di concentrare la sfida su Obama. Soprattutto l’affermazione in Delaware – uno Stato in cui Newt Gingrich aveva concentrato molto tempo e risorse, guadagnando anche l’appoggio di diversi politici locali – mostra che la strada di Romney verso Tampa è ormai segnata, e che né Gingrich né Ron Paul, gli sfidanti restati in lizza, possono in alcun modo bloccarla. Gingrich, tra l’altro, ha usato il suo discorso post-voto di ieri per alludere a una possibile uscita di scena. “E’ tempo di pensare a come aiutare al meglio il Paese”, ha detto, aggiungendo però subito di avere almeno due dozzine di comizi già fissati in North Carolina (che tiene le sue primarie l’8 maggio. Qui il Team Gingrich ha appena lanciato uno spot televisivo che appoggia con entusiasmo il referendum contro i matrimoni dello stesso sesso, che verrà votato il giorno delle presidenziali, il 6 novembre).

Se il ritiro di Gingrich appare ormai questione di giorni, tutta l’attenzione si concentra ora sulle strategie che Romney metterà in campo per battere Obama. L’economia, i risultati deludenti delle politiche di Obama per ridare benessere e speranza agli americani, sembrano i temi su cui il candidato repubblicano batterà. Gli americani sono “eternamente ottimisti”, ma ora “sono stanchi di essere stanchi”, ha detto Romney, alludendo ai dati ancora precari dell’economia americana: consumi che non crescono, disoccupazione sopra l’8%, la produzione industriale che resta pericolosamente ferma (i dati del marzo 2012 hanno confermato quelli di febbraio, disattendendo le attese degli economisti, che puntavano almeno su un incremento dello 0,3%). Che i risultati di Obama in campo economico diventeranno da questo momento il vero e proprio tormentone della campagna di Romney, lo ha confermato del resto ieri Ed Gillespie, il suo principale stratega elettorale: “Il presidente Obama non fa campagna sulla base di quello che ha fatto in questi anni. Noi lo faremo”, ha spiegato Gillespie.

L’insistenza sui temi del lavoro, della casa, della maggiore competenza come businessman rispetto al “politico Obama”, consentiranno anche a Romney di fare appello agli elettori indipendenti, il cui voto sarà essenziale il 6 novembre. Nelle prossime ore, mentre il candidato repubblicano parteciperà a una serie di incontri di finanziamento elettorale a New York e in New Jersey, i suoi advisers si riuniranno a Boston, per mettere a punto i dettagli finali della campagna (che in queste settimane ha anche assunto decine di nuovi collaboratori). L’intenzione pare quella di concentrarsi proprio sui quattro anni passati da Obama alla Casa Bianca, sul suo essere “un uomo decente, persino simpatico”, ma incapace di risolvere davvero i problemi degli americani. “Obama è un padre di famiglia e una brava persona – ha detto ancora Gillespie, che nel passato ha lavorato per George W. Bush – ma non ha dimostrato di essere capace di offrire una forte leadership. La sua leadership è stata debole e fallimentare”.

Resta, per Romney, l’enigma del voto conservatore. Dopo il ritiro di Rick Santorum, quel voto resta in qualche modo “senza autore”. Santorum, almeno sinora, non ha ancora espresso pubblico appoggio all’ex-governatore del Massachusetts (sebbene ieri sera, durante lo show di Piers Morgan su CNN, abbia detto che il discorso di Romney post-voto “è stato un buon discorso”). Connettersi – soprattutto psicologicamente, umanamente – con il mondo degli evangelici americani resta dunque a questo punto una delle sfide più urgenti per Romney, che spesso nei mesi scorsi è stato dipinto come un un businessman ricco e sofisticato, con nessuna comprensione per le difficoltà e i gusti dell’americano medio. Proprio per avvicinarsi ai settori più popolari, religiosi, conservatori dell’elettorato repubblicano, nelle prossime settimane sono state programmate diverse uscite pubbliche della moglie Ann e dei cinque figli di Romney. Un assaggio lo abbiamo avuto lunedì sera, a una cena di repubblicani a Stamford, Connecticut. Qui Ann Romney è scoppiata in lacrime, ricordando come suo marito le sia stato vicino quando le è stata diagnosticata la sclerosi multipla.

Articolo Precedente

L’università italiana non è tutta da buttare

next
Articolo Successivo

Schulz davanti ai commissari europei: “E’ realistico il collasso dell’Unione”

next