Autogrill manda a casa definitivamente i suoi dipendenti. Dopo una trattativa di oltre due mesi, dal primo maggio – amara ironia della sorte – i 24 lavoratori del Burger King di Bologna (marchio in concessione di Autogrill spa), rimarranno a casa. Stessa sorte per i 46 dipendenti di Roma, 7 di Milano, e 3 lavoratrici di Livorno. Niente ricollocamento e niente cassa integrazione per nessuno di loro. Questo è quello che emerge dalle singole trattative di salvataggio: “I lavoratori, su decisione di Autogrill, non verranno né ricollocati, né gli verrà dato alcun tipo di opportunità”, spiega Fabio Fois, Filcams Cgil Bologna.

Gestione che era valsa all’imprenditore Luciano Benetton il boicottaggio dei prodotti. Autogrill spa, controllata al 59,3% dalla famiglia Benetton tramite la finanziaria Edizioni srl (ma nelle mani del gruppo fin dalla sua privatizzazione nel 1995), oltre al fast food in questione gestisce la concessione di marchi americani come Starbucks o Pizza Hut, e possiede catene di ristoranti come “Spizzico”, solo per fare gli esempi più noti, con più di 5.300 punti vendita in oltre 1.200 località (sono undici i locali presenti nella Provincia di Bologna). “Per una società che ha oltre 10mila dipendenti sul territorio nazionale, un atteggiamento del genere è molto grave”, dichiara il rappresentante sindacale. Come mai, l’azienda di food&beverage e duty-free che gestisce un impero dal fatturato di 5,84 miliardi l’anno (4 dei quali provenienti proprio dal settore della ristorazione), e un utile netto di 126,3 milioni non è riuscita a ricollocare meno di 100 dipendenti? “L’abbiamo chiesto ripetutamente. Non c’era mai capitata un’atteggiamento di ostilità a questo livello. Tenendo conto che lo stesso lo stanno vivendo a Roma e a Milano”, aggiunge il sindacalista.

 

Altro fenomeno che accomuna le diverse città: i contratti a termine inferiori ai 15 giorni (soglia oltre la quale scatterebbero maggiori costi e obblighi contributivi) che stanno venendo stipulati. “Contattano informalmente alcuni di noi, propongono contratti part time e azzerano tutto quello che abbiamo acquisito finora”, racconta una lavoratrice di Milano al manifesto. “Anche in provincia di Bologna Autogrill sta assumendo con contratti provvisori di questo tipo, e conseguentemente lasciando a casa le persone di volta in volta, motivandolo con l’esigenza dei picchi di lavoro”, spiega Fois.

 

“Se la regola è quella per cui se lascio il locale e non mi occupo più di salvaguardare i lavoratori, questo fa di tutti lavoratori, a prescindere dal contratto, lavoratori a termine. Se passasse come principio sarebbe una cosa gravissima in un settore come il nostro”. Infatti, come nel mondo degli appalti, nel passaggio di gestione fra una ditta e l’altra, anche nella ristorazione i contratti sono di regola a tempo indeterminato, ed è dovere dell’azienda subentrante riassorbire il personale.

Il che significherebbe: cambia la ditta o il marchio, i dipendenti restano. Principio (nonché clausola sociale del contratto nazionale che regola il settore del turismo) che per l’impero dei ristoranti che imperversano in aereporti, stazioni e autostrade (con cui Autogrill ha contratti di concessione, decine dei quali in scadenza nel 2013), sembra in via di dismissione. Come dimostra il caso di Bologna: la Sprint Gas, società proprietaria del locale in cui aveva sede il fast food Burger King, presenta un conto da oltre un milione per la ristrutturazione del locale. Cifra fuori discussione per Autogrill spa, che preferisce abbandonare il territorio.

Fatto strano, in una zona in cui Chef Express (Grupo Cremonini) e My Chef (Gruppo Elior, concessionario in franchising del marchio Mc Donald’s), fanno di tutto per accaparrarsi spazi, soprattutto a seguito delle liberalizzazioni del governo Monti, che ora consentono ai distributori di carburante di vendere prodotti alimentari sulle arterie autostradali.

 

Abbandonare territorio e soprattutto i lavoratori, per i quali l’azienda leader nel settor non ha ritenuto di dover offrire la cassa integrazione straordinaria in attesa che si pronunci il nome del nuovo gestore del locale che si vocifera essere proprio l’avversario statunitense Mc Donald’s.

 

Ed è proprio al neo eletto presidente del Benetton Group, Alessandro Benetton, che si sono rivolte le critiche. Luciano, fondatore assieme ai fratelli della omonima “azienda etica” di abbigliamento, dopo 47 anni ha passato a partire da oggi, il testimone al figlio (già vicepresidente del gruppo) dichiarando in un intervista: “Fare, immaginare, essere innovativi: questo faceva, fa e dovrà sempre fare un imprenditore”.

 

Ed è sulla pagina facebook di quest’ultimo, in quando membro del cda di Autogrill spa, assieme allo zio Gilberto che ne è presidente, che nell’ultima settimana si è infiammata la discussione. Il figlio dell'”imprenditore illuminato” aveva auspicato la risoluzione della questione, salvo poi dover correggere il tiro, e sulla sua bacheca posta: “Autogrill è una società che è quotata presso la Borsa di Milano e ha quindi un suo management e governance ben distinti da quelli di Benetton Group. Non è mio compito né sarebbe legittimo che io intervenga nella gestione operativa di un’azienda che non è quella per la quale ricopro incarichi operativi. Allo stesso tempo ho piena fiducia nell’operato del management di Autogrill che so si sta occupando di questa questione”

E cioè del trevigiano Gianmario Tondato Da Ruos, amministratore delegato di Autogrill dal 2003, che ha già lavorato in diverse società del Gruppo Benetton, dove si è occupato proprio di riorganizzazione aziendale e mobilità internazionale fin dal 1987.

Nel frattempo, molte delle repliche all’erede dell’imprenditore, sono state cancellate manualmente dall’amministratore della pagina.

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