Chissà quanto tempo ci vorrà ancora per accettare il fatto che non stiamo vivendo una crisi ma un cambiamento di paradigma. Non bastano i dati sullo spread, le montagne russe degli indici di borsa, la percentuale di disoccupati d’inoccupati e di mai occupati per farlo capire. Continuiamo a raccontarci storie.

Le ricette per la salvezza e il futuro del Paese imperversano. I miti e le leggende prolificano. Un esempio per tutti: l’economia italiana si è sempre basata sulla piccola e media impresa di qualità e sul turismo quindi basta promuovere e facilitare la nascita delle imprese per risolvere i problemi dell’occupazione e dunque della crescita. Balle. Le nuove imprese sono una cosa bella ma non possono risolvere il problema dell’occupazione, non possono fare crescere il numero di posti di lavoro nei settori a tecnologia più o meno elevata se vivono solo la prima fase, quella epica e mitologica, della creazione, meglio se in un garage.

Quella critica è la seconda, quando il prototipo deve diventarre prodotto di massa. Allora si industrializza il prodotto, si costruiscono fabbriche, si assumono migliaia di operai, si addestrano e si riaddestrano. L’innovazione genera ricchezza se e solo se cresce la scala dell’impresa. Crescita che deve avvenire nel paese dove nasce la nuova piccola impresa. Generare imprese che andranno a produrre all’estero non serve. Nella ben nota Silicon Valley la disoccupazione registra punte drammatiche. Eppure è la culla dell’innovazione, dove si registra la presenza di mitiche imprese come Apple, Dell, Microsoft, Hewlett-Packard Co., la Sony Corporation. Tutte nate dall’ossessione, coraggi, sogno, paranoia di un paio di persone. In Silicon Valley si ricerca e si progetta. Non si produce. I prodotti delle aziende sopra elencate escono dalla Hon Hai Precision Industry Co. Conosciuta anche come Foxconn. Foxconn impiega 800mila persone, più della somma dei salariati delle aziende suddette. In totale l’industria dei computer in USA occupa 166mila persone. 250mila persone Foxconn producono i prodotti Apple. Apple, in USA ha circa 25mila addetti. Rapporto 1 a 10. Per ogni lavoro USA ci sono 10 occupati in Cina.

Nessuna economia industrializzata si può basare solo sulla piccola e media industria. Certo, la piccola e media impresa è essenziale per la generazione della grande impresa manifatturiera perché senza di essa l’economia non sta in piedi. Far crescere le piccole imprese per farle diventare robuste aziende manifatturiere non è cosa facile. Gli investimenti necessari sono di vari ordini di grandezza maggiori di quelli necessari per iniziare un’attività. Servono in una fase precoce, prima che sia provata la domanda. Investimenti ad alto rischio che ai privati non piacciono proprio. Non per nulla, se ti danno del denaro, minimo ti portano via il controllo dell’azienda.

Dovrebbe esserci un fondo, gestito dallo Stato, finalizzato alla crescita di scala. Se hai provato di avere il talento, l’esperienza, il team e la fortuna per avere bene avviato un impresa; se hai dati fattuali che dimostrano la tua capacità di generare ricchezza, lo Stato ti mette a disposizione i mezzi per farla crescere. Non è beneficienza ma investire denaro nazionale sull’economia nazionale. Non è vero che non si possa fare perché i costi asiatici sono comunque e sempre più bassi. Non è vero. Vedi caso gruppo Volkswagen, neo-proprietario della Ducati, in un paese dal costo della manodopera superiore al nostro. Gli operai di Piech sono fieri di lavorare per il gruppo Volkswagen, come lo erano quelli della Fiat Auto. Le aziende non sono fatte di numeri.

Non si gestiscono con una collezione di fogli Excel con previsioni e consuntivi in tante righe e troppe colonne. Le aziende sono fatte di persone. Non basta il cervello per generare lavoro. Servono anche cuore, pancia, passione. L’economia deve essere basata sul lavoro. Anche la nostra democrazia. Lo dice la Costituzione.

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