La segnalazione dello studio intitolato “Antibiotic Resistance Is Prevalent in an Isolated Cave Microbiome” consultabile sul sito è di notevole interesse. Gli autori, nel corso di uno studio delle popolazioni batteriche che albergano sulle pareti di una profonda caverna (fino a 500 mt di profondità al disotto della crosta terrestre), situata nel New Mexico, e soprattutto del tutto isolata nei confronti di qualsiasi contaminazione da parte di materiale umano di qualsiasi genere (così almeno assicurano), hanno scoperto numerose specie naturalmente resistenti a i comuni antibiotici. Tali particolari specie, che comunque non vengono annoverate fra quelle patogene, sono resistenti anche agli antibiotici di più recente sintesi.

Infatti fra i ceppi con caratteristiche di resistenza più spiccate ce ne erano tre di Streptomyces spp. ed uno di Brachybacterium paraconglomeratum, che si sono rivelati in grado di inattivare sia l’eritromicina (che è un macrolide naturalmente prodotto), che la telitromicina, derivato semisintetico chimicamente affine. Pertanto sussiste il fondato sospetto che batteri non patogeni, non associati cioè a determinate malattie, generalmente assenti in ambienti clinici, possano agire da serbatoio pressoché ubiquitario di geni conferenti resistenza suscettibili di essere trasmessi con i noti meccanismi di scambio fra microrganismi. Probabilmente la competizione che si determina fra microrganismi per sopravvivere in un ambiente segregato sviluppa la naturale produzione a scopi difensivi di antibiotici nelle varie specie. Determinando a sua volta resistenza nelle altre.

Il dato è naturalmente interessante ed anche se necessita di conferma, potrebbe aiutare nel comprendere la rapidità con la quale si sviluppa la resistenza agli antibiotici che via via sono stati introdotti nella pratica clinica.

Per molti, come del resto emerge anche nel forum, questa osservazione può essere spiegata sulla base di semplici considerazioni evoluzionistiche, ma, come abbiamo visto anche nei forum americani, per altri “segna un punto a vantaggio del creazionismo”. Direi che una delle difficoltà principali è di stabilire e condividere regole corrette di comunicazione che siano valide per tutti, come dicevo in un precedente post: creare il “senso comune”. La difficoltà (per altro benedetta), insita nella ricerca scientifica, di riuscire a mediare un sapere condiviso emergeva nella domanda che ponevo riguardo la medicina tradizionale cinese (no, aiuto, la medicina cinese no!!). Due utenti del forum hanno postato due interventi, che mi sembrano provenire da persone documentate ed apprezzabili entrambi, di segno opposto ed in effetti non conciliabili. Quello che posso dire è che sono in corso dei programmi di ricerca internazionali multicentrici (Oms ed anche Iss in collaborazione con i pari organismi cinesi) aventi il fine di verificare in base ad una dimostrazione sperimentale l’attendibilità e l’efficacia di questa “pseudoscienza”, come è stata definita da qualcuno. Ne attenderei comunque l’esito (questione di anni?). Però vorrei dire che anche se sono convinto, condividendo un intervento nel forum, che solo applicando il metodo sperimentale potremo avere, come detto, una risposta sull’attendibilità della medicina cinese, c’è qualcosa che contemporaneamente non mi soddisfa intellettualmente e che mi intriga: la mia spalla dolente (non riuscivo a mettermi la giacca) è obbiettivamente guarita da parecchi anni, dopo che un mio amico e collega, onusto di anni e di esperienza (molti anni spesi a Pechino) mi ha inserito tanti piccoli aghi nel lobo auricolare. Mi spiegava che lì ci sono dei “meridiani” o qualcosa di simile su cui agiscono gli aghetti. Ma questi “punti” o “meridiani”, non so, non hanno un corrispettivo morfologico e/o funzionale nella fisiologia o nell’anatomia, né nell’istologia. Ma allora cosa sono? E che cosa avviene?

Domanda: cosa c’entra con l’assunto riguardante la creazione di un “senso comune” ? C’entra secondo me e lo vedremo, mi auguro, nelle prossime settimane.

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