Dopo aver temuto il peggio, gli astensionisti, questa nuova tribù francese, che balza all’onore delle cronache a ogni elezione negli ultimi anni, ha deciso di presentarsi alle urne. Al primo turno ha votato oltre l’80% dei francesi, una quota più che accettabile. Pericolo scampato, democrazia salvata… Fra due settimane al ballottaggio non dovrebbero esserci problemi. Ormai la dinamica positiva è innescata.

Intanto i media francesi ci hanno sciorinato svariati ritratti tipo di astensionisti. Il giovane della periferia che cerca lavoro. La cassiera del supermercato che lavora part time e che non guadagna neanche mille euro al mese (a Parigi non ci si sopravvive proprio). L’impiegato del ceto medio-basso, che vive dignitosamente, ma che deve contare tutto, afflitto da una continua frustrazione nei confronti del ceto medio-alto, che ha già spiccato il volo. C’è perfino chi ha un lavoro fisso (ad esempio chi pulisce gli uffici del comune di Parigi) e che proviene dalla periferia. Ma la notte, quando i turni finiscono dopo l’ultimo treno disponibile, dorme per strada. O ci sono i lavoratori precari che vengono a Parigi per contratti a termine. E che dormono in macchina nei parcheggi: si deve risparmiare. Anche questo è la Francia. Sì, tutti alla ribalta per qualche settimana, mentre i giornalisti parigini si decidono a varcare il périphérique, la tangenziale che avvolge il cuore della città, per andare oltre. Per scoprire il misterioso mondo degli astensionisti…

Poi ripiomberanno nell’oblio: bisognerà aspettare la prossima elezione. Frequento la Francia da tanti anni. Amo la Francia. Ma questa sua ghettizzazione, questo suo vivere in mondi paralleli, mi fa rabbia, perché la situazione da questo punto di vista non migliora mai, semmai peggiora. I lustri del boulevard Saint-Germain contro la sfiga di un posto sperduto della banlieue. I soliti noti che fanno le grandes écoles, figli dei una borghesia consolidata (come un certo François Hollande). Un’élite che si autoriproduce. E altri che si rodono nella frustrazione, sempre gli stessi. Le diverse tribù non s’incontrano mai.

Alcuni amici francesi mi hanno detto una volta che la gente in Italia è grassa, più che in Francia. Poi sono andato a vedere il tasso di obesità francese e ho scoperto che, anche se di poco, è superiore a quello italiano. Ma di obesi nel centro di Parigi, in effetti, non se ne vedono, sono tutti in periferia. O nelle città industriali del Nord. Altri amici mi hanno rotto le scatole una vita sulla tv italiana che fa schifo. Poi mi è capitato di vedere certi reality show su Tf1, il canale più visto in Francia, o su M6, dove piombano all’improvviso in una casa segnalata da un telespettatore, per risolvere un dramma familiare. Robe che fanno accaponare la pelle. Oppure talk-show dove la “gggente” racconta i cavoli suoi, sesso incluso, perfino nei pomeriggi della tv pubblica. Per ogni tribù, la sua televisione.

E’ un terzo dei francesi a essere a rischio astensionismo. Probabilmente tra di loro il tasso di obesità è superiore rispetto al resto della popolazione. Probabilmente guardano Tf1 e M6 tutte le sere. Nel Paese dei grandi chef, loro mangiano perlopiù surgelati e vanno al McDonald’s (per la catena di fast food la Francia è il più grosso mercato d’Europa). Molti di loro probabilmente vanno in vacanza ogni estate, ma solo e da sempre nel solito camping. E’ una Francia parallela, rispetto a quella scontata, mediatizzata, privilegiata, pronta e confezionata all’occasione per essere ammirata da qualche radical chic italiano in trasferta… I media se ne ricordano solo quando le elezioni si avvicinano. Stavolta gli astensionisti sono andati a votare, probabilmente per Marine Le Pen, la candidata dell’estrema destra, o per Jean-Luc Mélenchon, il leader dell’estrema sinistra. Fra due settimane, per il secondo turno, vedremo. Poi a Parigi, quella dentro il périphérique, di loro si dimenticheranno tutti.

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