Mappare gli edifici abbandonati sparsi in Italia e nel resto del mondo attraverso un’applicazione web. Creare attorno a ognuno di essi una comunità virtuale che dia vita a un progetto di recupero. Cercare i finanziamenti necessari per la sua realizzazione. E’ l’obiettivo di Impossible living, una delle startup presenti al Fuorisalone di Milano. Un modo per dare vita a vecchi capannoni in disuso, uffici sfitti, ruderi. E fare business grazie a un’offerta di servizi che avvicinino potenziali investitori ai proprietari e agli studi di progettazione.

L’idea è venuta a novembre 2010 ad Andrea Sesta, 29 anni, e Daniela Galvani, classe 1981. Ingegnere con alle spalle tre anni da consulente in Vodafone, lui. Architetto che ha lavorato a Vienna su progetti di edilizia sostenibile, lei. Folgorati una sera da un video su YouTube in cui Domenico Figiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano (Milano), spiega il suo no a nuove costruzioni: “Stop al consumo di territorio – diceva – bisogna puntare tutto sul recupero del patrimonio esistente”. Andrea e Daniela decidono di approfondire il tema della riqualificazione edilizia. Lei ci mette le sue competenze in campo architettonico. Lui si concentra sull’approccio tecnologico: “Il web – racconta – è sempre stato la mia grande passione. Unito all’interesse per l’architettura”. Creano un blog, che poi diventa un sito con tanto di applicazione, ora disponibile anche su iPhone, con cui chiunque può segnalare su una mappa uno stabile abbandonato e allegare una sua foto. Nasce così un database che oggi conta più di 300 fabbricati, la maggior parte in Italia, anche se due bandierine spuntano negli Stati Uniti e una in Cina. “Il nostro obiettivo è diventare il punto di riferimento globale sul tema dell’abbandono”, spiega Andrea con una certa ambizione. “Uno dei prossimi passi è implementare le funzionalità wiki, in modo che le informazioni su un edificio possano essere modificate in modo collaborativo da tutti coloro che siano in possesso di nuovi dati”.

Ad Andrea e Daniela si è aggiunta da quattro mesi Roberta Barone, 31 anni e una laurea in Discipline economiche e sociali alla Bocconi, che potrà tornare utile per trasformare una buona idea in business. “Ho passato un periodo della mia vita in Olanda – spiega -. Lì mi ha colpito l’attività di aziende for profit che, attraverso il riutilizzo degli edifici abbandonati, creano valore per i proprietari, le comunità e le amministrazioni pubbliche”. Quando è venuta a conoscenza del progetto di Impossible living, ha lasciato il suo lavoro in una multinazionale americana che vende soluzioni per l’analisi dei dati finanziari. Le sue giornate adesso le passa davanti a fogli Excel per concludere un’analisi di mercato del settore immobiliare che sarà un punto di partenza per ideare nuovi servizi web da proporre ad agenzie, studi professionali e imprese edili.

Di Impossible living si è parlato in questi giorni al Fuorisalone di Milano, dove il progetto è stato presentato durante una serata al teatro Elf organizzata dall’associazione Kaloob per parlare di startup e nuove esperienze imprenditoriali. Nelle prossime settimane Andrea, Daniela e Roberta costituiranno una di quelle società a struttura semplificata introdotte dal governo Monti per consentire ai giovani con meno di 35 anni di mettersi insieme, anche con un solo euro di capitale. Ma cosa garantirà i guadagni? “La valorizzazione dei dati raccolti, per esempio – risponde Andrea -. Per questo monitoriamo il mondo degli open data. E siamo attenti ai social network, dai quali arriva un flusso enorme di informazioni che può essere utilizzato per una prima analisi del contesto urbano in cui si trovano le strutture inutilizzate”.

Informazioni e dati possono poi essere inseriti in schede associate ai singoli immobili e condivise dai membri di una comunità web interessata alla riqualificazione del fabbricato. A questo punto parte l’ideazione del progetto e la ricerca dei finanziamenti, che può avvenire attraverso il crowdfunding. Con i ragazzi di Impossibile living a fare da ‘facilitatori’ in tutte le fasi del recupero edilizio, fino all’ultimazione dei lavori.

Per il momento Andrea, Daniela e Roberta si autofinanziano. Ma nuovi capitali interessati alla loro idea potrebbero arrivare presto, in un Paese dove secondo le stime di Assoedilizia ci sono più di due milioni di edifici abbandonati. “Noi abbiamo iniziato a lavorarci più di un anno fa – conclude Daniela –. E ora, con la crisi, parlare di riqualificazione dell’esistente è sempre più di moda”.

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