Chris Taylor

«Non potrò correre molto velocemente. Ma correrò comunque». Un defibrillatore sottocutaneo impiantato all’altezza del cuore gli consentirà di competere per la maratona di Londra. Domani, 22 aprile, Chris Taylor sarà il primo atleta a completare, se tutto andrà bene, gli oltre 42 chilometri del circuito londinese con un dispositivo medico di questo tipo. Il giovane 23enne, di Lytham St Annes, nel Lancashire, soffre di una rarissima cardiopatia di origine genetica: il tessuto del suo cuore è spugnoso, invece che essere “compatto”, e questa malattia, di cui è portatrice anche la sorella, gli ha già causato numerosi infarti. Ma ora, appunto, vuole affrontare la sfida della sua vita. Sulle orme del nonno maratoneta, questo ragazzo, che di professione fa l’insegnante di geografia, è seriamente intenzionato a portare a termine la corsa. In caso di successo, Chris impiegherà sei ore.

Il tutto grazie a un apparecchio uguale a quello che è stato impiantato al calciatore del Bolton Wanderers, il mediano Fabrice Muamba, colpito da un infarto in campo qualche settimana fa, tecnicamente morto per 78 minuti ma salvato grazie alle attrezzature mediche presenti allo stadio. Così, mentre in Italia non si sono ancora spente le polemiche per la morte – forse evitabile e sulla quale si sta indagando – in campo a Pescara del 25enne calciatore del Livorno Piermario Morosini, nel Regno Unito il giovane Taylor decide di sfidare la sorte e spera di raccogliere migliaia di sterline per la British heart foundation, la fondazione britannica per la cura delle malattie del cuore.

La salute degli atleti agonisti torna così alla ribalta nel Regno Unito. Per l’impresa del giovane è stata avviata anche una campagna di raccolta fondi. Il primo obiettivo era raccogliere almeno duemila sterline ed è stato raggiunto in pochi giorni. Ma ora si spera di riuscire almeno a quadruplicare la cifra. «Sono così tanto determinato a correre questa maratona proprio perché voglio alzare il livello di coscienza sulle difficoltà che incontrano le persone che hanno malattie come la mia o simili alla mia», ha detto Chris. Sul sito della raccolta fondi anche un suo messaggio. E decine e decine di persone hanno già commentato nel sito dell’appello.

Il dispositivo medico impiantato nel corpo del 23enne ha due compiti: monitorare continuamente le condizioni di salute del cuore e intervenire, con il defibrillatore, nel caso di arresto cardiaco. La cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compatto colpisce poche decine di persone in tutto il Regno Unito e ha, appunto, origini genetiche. Portatore sano del gene è il padre di Chris, Tommy Taylor, un pilota dell’aeronautica. A curare il giovane è stato, un anno fa, il centro per la salute del cuore dell’ospedale della Staffordshire University. Poi, da allora, la passione per la maratona, l’idea di correre a Londra e il lancio della campagna di solidarietà.

«Ho visto quello che il personale medico ha fatto a Muamba per salvarlo. E sono rimasto veramente colpito e turbato», ha detto Chris. Nel Regno Unito è comune la presenza di defibrillatori in impianti sportivi e in luoghi a grande frequentazione, come centri commerciali, aeroporti, stazioni e persino musei. Ma, spesso, la loro esistenza è legata alla beneficenza delle associazioni di volontariato. Dal 1996 a oggi, la British heart foundation ha donato in tutto il Regno Unito ben seimila defibrillatori. E si calcola che circa 230 vite, finora, siano state salvate grazie all’attività dell’associazione. Sul sito della Bhf è riportato uno studio: il defibrillatore, se usato nei minuti successivi all’infarto, aumenta del 60 per cento la possibilità di sopravvivenza.

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