Se Roma e la sua Provincia sono universalmente note per le testimonianze archeologiche d’epoca classica presenti nel territorio, altre testimonianze, che raccontano storie molto più antiche sull’evoluzione dell’Uomo, sulla storia naturale del paesaggio e sulle trasformazioni avvenute negli ultimi due milioni e mezzo di anni, sono pressoché sconosciute, nonostante il fascino che i fossili, protagonisti di queste storie, esercitino sul grande pubblico.

Parte di queste storie è raccontata nel Museo di Paleontologia della “Sapienza – Università di Roma”. Il Museo, all’inizio Museo di Geologia e Paleontologia, fu fondato dal naturalista romano Giuseppe Ponzi nel 1873 e occupava il Palazzo della Sapienza, sede all’epoca dell’Università Pontificia oggi invece sede dell’Archivio di Stato. Ponzi, già direttore del Museo di Mineralogia, pubblicò nel 1841 una delle prime carte geologiche di Roma, che fu stampata nuovamente trent’anni dopo, quando Roma era ormai diventata capitale del Regno d’Italia. Pur essendo stato Ufficiale della Guardia Pontificia difendendo la città sia nel 1867 sia nei giorni che precedettero la presa di Porta Pia, Ponzi divenne Senatore del Regno e ricoprì il ruolo di Consigliere Comunale di Roma. E’ proprio al passaggio tra lo Stato Pontificio e Regno d’Italia che si costituirono numerose collezioni paleontologiche, frutto soprattutto dell’abbondanza dei ritrovamenti di grandi mammiferi della campagna romana a opera di naturalisti e geologi. Parte dei reperti che andarono a costituire il Museo di Geologia e Paleontologia provenivano dal Museo Kircheriano, Wunderkammer o “camera delle meraviglie” fondata dal padre gesuita Athanasius Kircher nel 1651 che aveva sede nel Collegio Romano.

I fossili del Museo di Paleontologia provengono per la maggior parte da siti che oggi non esistono più, cancellati dal tempo e dall’espansione urbana, e oggi conservati in varie strutture come musei, università, centri di ricerca, collezioni nelle scuole, etc. Da circa due mesi è stata aperta di nuovo al pubblico la Sala Vertebrati del Museo di Paleontologia. Questo Museo, che fa parte dei Musei che compongono il Polo Museale della Sapienza, è diviso in tre sezioni. Nella prima vengono esposti reperti provenienti dall’Italia Centrale e in particolare dalla Campagna Romana come gli scheletri del Rinoceronte Etrusco, dell’Ippopotamo Antico, del Bue Primigenio, chiamato Uro dai Romani, e dell’Elefante di Foresta.

Una sezione successiva racconta gli speciali fenomeni evolutivi che avvengono nelle isole, fenomeni di “nanismo” e “gigantismo” insulare di cui avevo già scritto nel post sugli elefanti nani della Sicilia. Oltre a questi piccoli proboscidati sono esposte altre specie insulari come i cervi “nani” della Sardegna, alti un metro alla spalla che hanno popolato l’isola per un milione di anni, estinguendosi circa 7000 anni fa. Dall’isola di Creta provengono invece gli scheletri di un ippopotamo “nano” della taglia di un maiale e di altri cervi insulari come il genere Candiacervus che, nella specie più piccola, Candiacervus ropalophorus era alto solo 40 cm alla spalla.

L’ultima sezione è dedicata alla Paleoicnologia, la scienza che studia le tracce fossili. Molto spesso le impronte, ma anche altre tracce come uova e piste ci permettono di ricostruire il modo di vita dei loro “autori”, ben poco comprensibile se avessimo a disposizione solamente i resti del loro scheletro. In questa sezione, tra gli altri reperti, viene esposto un calco di una lastra proveniente dalla gola del Bletterbach (Alto Adige), dove si possono ammirare le impronte attribuite probabilmente ad un animale appartenente a un gruppo vicino ai “rettili”, quello dei pareiasauri, vissuti circa 260 milioni di anni fa. Questi animali erbivori erano abbastanza grandi e avevano crani possenti, la loro pelle era inoltre caratterizzata da scudi ossei. In un Museo di Paleontologia non può mancare lo scheletro di un dinosauro. Ecco quindi il calco di uno degli animali più famosi in assoluto: l’Allosaurus fragilis. Questo grande teropode, vissuto in Nord America circa 140 milioni di anni fa, era lungo fino a 12 metri e pesante fino a 2 tonnellate. Un gruppo di Allosaurus poteva cacciare i giganteschi erbivori di quell’epoca come i Brachiosaurus e gli Apatosaurus servendosi dei suoi numerosi denti lunghi fino a 10 cm.

La visita dei musei scientifici contribuisce a considerare il patrimonio scientifico come patrimonio culturale, un patrimonio da tutelare e su cui investire. In uno dei prossimi post scriverò su una grave assenza che Roma, capitale d’Italia, ha. Quella di un Museo di Storia Naturale.

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