In principio fu l’ordinanza. Vietato fare la questua ai semafori e nelle piazze cittadine. Vietato chiedere l’elemosina anche sul sagrato della chiesa. Firmato: il sindaco, partito Lega Nord. Qui Arona, incantevole cittadina del Lago Maggiore, provincia di Novara. Anche sul sagrato?, si chiesero increduli in molti. Ma con quale diritto si calpestava anche la più secolare scena di vita domenicale, il povero che chiede l’elemosina davanti alla chiesa? Era il novembre del 2010. Nacque così una delle più originali risposte date in Italia all’idea, tanto trendy al Nord, di fare scomparire povertà e bisogni con un colpo di scopa. Non proteste, non lamentazioni, che pure ci sono state. Ma un’impresa sociale, per esprimere con la forza delle cose un’altra idea dei rapporti tra una comunità e le sue componenti più bisognose. All’inizio si ritrovarono Caritas, Libera ed Emergency.

Poi si formò un trenino di associazioni di buona volontà. Avis, Arci, Azione Cattolica e un bel po’ di esperienze locali: dagli “Amici del Lago”, nati per ripulire le spiagge e ora impegnati anche nel reinserimento degli ex carcerati, a “Vedogiovane”, grande cooperativa sociale di animazione con un centinaio di dipendenti. Quattordici associazioni in tutto. Ne scaturì il progetto “Nondisolopane”. Obiettivo: dar da mangiare ai bisognosi, a quelli che non potevano più fare la questua ma anche a quelli che non avevano mai trovato il coraggio di farlo. Lo decisero l’estate scorsa, pensando che non dovevano lasciar passare un altro inverno, visto che nel frattempo c’era pure stata la cacciata dei rom da una struttura che li rifugiava dal freddo. Per riuscirci misero in piedi un congegno sociale complicatissimo, a scatole cinesi, degno di un Enrico Cuccia del volontariato. Il “trenino” pensò prima di rivolgersi all’oratorio, poi scelse la vecchia Casa del popolo del Pci, direttamente aperta con scala sulla pubblica via. Custode di gloriose bandiere socialiste del dopoguerra, la Casa è attualmente in gestione all’Arci, ed è diventato un locale alla moda, chiamato MeltinPOP, ritrovo per musica e cultura. Ma anche bar con avventori paganti, così da evitare che chi ci entra venga etichettato come povero. Al MeltinPOP la guida del progetto è stata presa da “Vedogiovane”. È la stessa cooperativa che cura anche, ai piani di sotto, una vera “community creativa”: un incubatore di impresa giovanile, laboratori di arte e artigianato e una pista per lo skateboard; attrezzature, uno studio digitale, una sala prove e servizi per dar vita a micro-organizzazioni giovanili di ogni tipo.

E l’obiettivo di dare un pasto ai bisognosi? Marco Traviglia, trentenne con barba e capelli riccioluti, presidente di Meltin-POP, assicura che è stato raggiunto, conducendo in visita per i vani rudimentali e colorati in cui si raccolgono le opere che vengono esposte (un artista al mese) al piano bar. Roberta Tredici, trentenne anche lei, mamma ingegnere e impegnata in Libera, racconta che dopo una sperimentazione su tre giorni settimanali, ormai si gira a pieno regime. Pranzo aperto nei cinque giorni lavorativi. Una sessantina gli ospiti che arrivano. Metà immigrati, età media sui 35-40, e metà anziani del luogo, che mai sarebbero scesi in strada a tendere la mano. Il sindaco alla fine si è convinto pure lui e ha dato perfino il patrocinio. Quanto al rischio di imbucati, pare non esista. La gente si conosce e c’è un efficiente filtro della Caritas. Niente abusivi e anzi tavolo vicino a tavolo arrivano anche gli impiegati degli uffici che pagano regolarmente. “Si è formato uno spirito di comunità”, racconta Roberta. “L’altra volta hanno rubato la bicicletta a un ragazzo marocchino e si è fatta una colletta per comprargliela”. Del cuoco Gianluca, poco più che ventenne e con una buona esperienza all’estero, si decantano le qualità gastronomiche e sociali. A lui si aggiungono giovani e tra un po’ arriveranno a dar man forte anche i condannati ai lavori socialmente utili.

Grazie al Centro servizi per il volontariato, giungerà un finanziamento della Fondazione Cariplo, anche se finora è stato fatto (faticosamente) tutto con mezzi propri. “Ci sosteniamo con iniziative speciali, cene o pranzi mensili in occasione di qualche incontro con personalità varie”. Li aiuta in questi incontri uno storico avvocato milanese delle cause improbe, Luigi Mariani. Bisogna vederlo, il MeltinPOP, con le sue due sale per incontri e concerti. Una più piccola è affrescata con immagini di musica “fredda” (elettronica tra palazzoni) e musica “calda” (brasiliana, ma in verità richiama New Orleans). Una più grande, subito dietro, sembra una bella sala da jazz o da monologo teatrale. Chi pensa che le case del popolo possano servire solo a rimescolar memorie e mazzi di carte (o bicchieri di vino) si ricreda. Possono servire anche ad altro. Magari proprio grazie a un’ordinanza.

Il Fatto Quotidiano, 15 aprile 2012

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