Ho letto il libro di Tristram Stuart, “Sprechi”, e sono rimasto scioccato.

Il libro non è di facile lettura, perché è un concentrato di dati, soprattutto riferiti al mondo occidentale, ed in particolare la Gran Bretagna, dati relativi agli sprechi alimentari. A tale proposito, ricordo come l’autore sia l’alfiere del freeganesimo, ossia la pratica di recuperare ed utilizzare i rifiuti alimentari ancora utili dai depositi di immondizia di vario tipo.

In qualche modo per adeguarmi allo stile del libro, di seguito vi fornisco alcuni dati raccapriccianti.

Gli inglesi gettano via ogni anno 4,1 milioni di tonnellate di cibo che potrebbe invece essere consumato, se conservato e trattato correttamente. Fra questi, 484 milioni di vasetti di yogurt non aperti; 1,6 miliardi di mele integre (27 mele a persona); 370 milioni di sterline di banane; 2,6 miliardi di fette di pane;  1,7 milioni di tonnellate di sole patate.

Sempre in Gran Bretagna, una percentuale compresa tra il 25 ed il 40 per cento della frutta e degli ortaggi coltivati nel paese vengono respinti dai supermercati in quanto non rispondenti agli standard estetici richiesti. Nell’estate del 2008, un grossista inglese è stato costretto a gettare via 4000 kiwi perché più leggeri di 4 grammi rispetto al peso richiesto dagli standard europei, pari a 62 grammi cadauno.

Nel mondo una percentuale tra il 20 ed il 40 per cento del totale delle banane prodotte vengono gettate via perché non rispondono agli standard richiesti dalla grande distribuzione: o sono troppo curve o troppo dritte, o troppo piccole o troppo grandi.
Nelle acque occidentali di Irlanda e Scozia nel 1999, le flotte di pescherecci irlandese, francese, spagnola e britanniche hanno scartato l’80 per cento del pesce bianco che hanno pescato.
In India si calcola che una percentuale variabile tra il 35 ed il 40 per cento degli ortaggi e della frutta  viene sprecata ogni anno.
In Giappone, la massa di cibo sprecato ogni anno per persona equivale a 151 chilogrammi.

In aggiunta ai paesi ricchi che buttano via quasi la metà delle forniture di cibo, il 40 per cento dei cereali, compresi  frumento, riso e granoturco, prodotti nel mondo vengono usati per nutrire gli animali d’allevamento. Quasi un terzo della terra arabile a livello mondiale viene usata per coltivare mangime per il bestiame e la percentuale è in crescita.

In totale, diamo al bestiame tre volte il cibo che esso ci restituisce sotto forma di latte, uova e carne.

Nella sola Gran Bretagna, 4 milioni di individui non possono permettersi una dieta adeguata. Negli Stati Uniti 35 milioni di persone non hanno un accesso garantito al cibo e nell’Unione Europea si calcola che siano 43 milioni le persone a rischio di povertà alimentare.

Se lo spreco di patate nel Regno Unito fosse dimezzato, si libererebbero 5400 ettari di buona terra arabile. Se questi fossero convertiti alla coltivazione di grano, il raccolto potenziale potrebbe raggiungere le 36.000 tonnellate, abbastanza per salvare dalla fame 1,2 milioni di individui malnutriti.

Secondo “Nature” gli oceani hanno già perduto più del 90 per cento dei grossi predatori ed un gruppo di 14 accademici ha pubblicato su “Science” un articolo in cui si sostiene che entro il 2048 tutte le specie attualmente pescate saranno estinte.

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